C’è grande paura in tutta Italia, dal Nord al Sud, per l’aumento dei casi di contagi, di ricoveri e di morti. “Le misure volte a contenere il diffondersi del virus sono viste complessivamente in modo positivo perché c’è moltissima paura di ammalarsi (75%). Al tempo stesso però gli italiani sono diventati molto critici, per l’81,5% l’Italia si è fatta trovare impreparata” ci ha detto Carlo Buttaroni, presidente dell’istituto di sondaggi Tecnè e direttore di T-Mag. Nonostante un lievissimo calo nelle ultima settimana quando sono state varate le più recenti misure di sicurezza, la fiducia nel governo è al 33,9% mentre un anno fa, il 18 ottobre 2019, era del 30,6%”.



Nessuno vuole il ritorno del lockdown” dice ancora Buttaroni, e nell’ultima settimana, di fronte alle ultime misure, sono aumentate le critiche.

Gli italiani sono preoccupati per il ritorno della pandemia?

Il 75% ci ha detto che è molto o abbastanza preoccupato di ammalarsi; il 16,3% si dice moderatamente preoccupato, l’8,7% non è preoccupato.



E per la sicurezza economica?

Il 62,5% è molto o abbastanza preoccupato, il 29,7% moderatamente, il 7,8% per niente preoccupato.

Sono cifre più alte di quelli di marzo-aprile scorsi?

Molto più alte, c’è più paura adesso di quanta ce ne fosse allora forse perché si è più consapevoli della situazione. Come si vede dai numeri che le ho appena detto, la paura maggiore è quella ammalarsi, più di perdere il lavoro.

Come la pandemia influisce nella fiducia nel governo?

C’è una correlazione strettissima. Nelle nostre analisi degli ultimi 12 mesi la fiducia nel governo è cresciuta man mano che il tema della pandemia prendeva corpo, quando la pandemia è calata contestualmente è scesa anche la fiducia. Adesso che i numeri del virus tornano a salire, torna a salire anche la fiducia nelle istituzioni. In questa ultima settimana a dire il vero c’è stata una piccola perdita, siamo comunque al 33,9% rispetto al 30,6% di un anno fa.



Non è curioso che la fiducia si sia alzata nonostante le tante critiche all’operato del governo?

In effetti in questa ultima settimana negli italiani stanno maturando posizioni critiche su come il governo sta affrontando la pandemia e di come l’Italia si sia fatta trovare impreparata. Quando c’è una situazione di grande emergenza gli italiani si stringono intorno a chi decide, ma questa settimana sono stati critici su molti su aspetti.

Ad esempio? Parliamo del Dpcm.

Le misure prese dal governo il 56,8% le giudica adeguate.

È un numero alto.

La cosa interessante è che il 21,1% le ritiene insufficienti mentre il 20% eccessive. Le misure volte a contenere il diffondersi del virus sono viste complessivamente in modo positivo perché c’è moltissima paura di ammalarsi. Al tempo stesso però gli italiani sono diventati molto critici, per l’81,5% l’Italia si è fatta trovare impreparata, e alla domanda su come valuta le informazioni che ha ricevuto in merito alle procedure da adottare dovesse entrare in contatto con un positivo, il 62,8% ha detto sono insufficienti e confuse e il 31% adeguate e chiare.

Una confusione alimentata dall’informazione, dall’esposizione televisiva di tanti cosiddetti esperti?

L’informazione, compresa quella degli esperti, è surreale. Per mesi si è detto che il virus aveva abbassato la carica virale, che era meno contagioso. I medici fanno gli statistici, gli statistici i medici, i commentatori parlano di politica e contagio. Ma invece gli statistici dovrebbero parlare di numeri, i medici delle cure e i giornali portare notizie corrette. Oggi siamo in una situazione precedente a quella del picco, il rapporto fra tamponi e persone positive significa che a marzo la situazione era peggiore di cinque volte, e che il picco arriverà fra due mesi.

Si assiste a uno scontro fra regioni e governo. Gli italiani a chi danno più fiducia?

Il problema è che si fidano di più dei governatori per alcuni aspetti e più del governo per altri aspetti. Difficilmente un cittadino distingue quali sono le diverse competenze, in questo momento c’è una grandissima confusione sulle misure e sui protocolli. I protocolli non li conoscono neanche i medici e le Asl danno informazioni diverse. Manca una informazione chiara e lineare sui protocolli da assumere di volta in volta.

Però Zaia è stato premiato per come ha attuato le misure sanitarie con un grandissimo successo popolare.

Tutti i governatori uscenti sono stati riconfermati per il discorso che facevamo, le persone si stringono alle istituzioni quando c’è emergenza, è giusto che sia così. Adesso siamo in una seconda fase, non in una seconda ondata perché la prima ondata non è mai finita. Nonostante quello che è successo sembra che l’esperienza non abbia cambiato in meglio le procedure. Ne risentiranno il governo nazionale, ma anche i governatori se non sapranno dare una risposta. C’è confusione in tutte le regioni. Siamo in un grande caos peggio di quello di marzo.

Fra Nord e Sud Italia c’è differenza su come viene percepita la pandemia?

Non c’è grande differenza, la paura è trasversale. Certo, quando uno è in grado di proteggersi, ad esempio se lavora in smartworking invece che in un negozio, c’è meno paura. Il diverso livello di percezione cambia anche le valutazioni. Dove sono più presenti pensionati c’è più paura di ammalarsi, nelle aree produttive in ragione anche dell’età prevale la paura economica, però tutti gli italiani sono spaventati.

In quanti temono il lockdown?

Nessuno vuole il ritorno del lockdown. Arrivare al lockdown significa che non si è fatto un lavoro adeguato di tracciamento, di linee guida e di protocolli in grado di mantenere il tracciamento.

(Paolo Vites)

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