Il caso Siri è stato archiviato con una sconfitta di Salvini, mentre M5s si gode la cresta dell’onda, quella delle inchieste. Con Arnaldo Ferrari Nasi, politologo e sondaggista, direttore di AnalisiPolitica, tentiamo di decifrare il complicato intreccio tra l’elettorato di M5s, quello della Lega e le opinioni sulla giustizia.
Chi tra Lega ed M5s ha vinto la partita, in termini di consenso?
Giusta metafora: è come una partita di calcio. Di Maio ha segnato due gol, a metà della ripresa, ma prima stava perdendo 10 a zero (i punti persi da M5s dalle elezioni dello scorso anno). La differenza è ancora tanta. Non è facile tradurre tutto questo in termini di voti. Ma c’è un altro dato importante, che incide e che si sovrappone al resto.
Quale?
Alla pubblica opinione due alleati che litigano piacciono meno entrambi. Questo vale sempre, non solo per M5 e Lega.
Cosa pensa dei sondaggi in circolazione? Danno la Lega intorno al 31%, M5s al 21-22%, Pd poco al di sotto o alla pari.
In linea di massima sono tutti concordi, questo è il punto da cui partire. La cosa importante, parlando di un voto virtuale, è non farsi distrarre dall’attribuzione di un consenso variabile di 1-2 punti. Ma se l’istituto A attribuisce ad un partito il 30% e una settimana dopo il 29, e l’istituto B valuta quel partito il 34% e sette giorni dopo il 32, c’è una tendenza a scendere confermata ed è questo il dato da valutare. Per lo zerovirgola, il sondaggio non è uno strumento sufficientemente accurato.
Conferma l’arretramento della Lega e l’avanzata di M5s?
Sì. Quello di M5s è lo scatto della squadra nei 15 minuti della ripresa, dopo un primo tempo in netto svantaggio. Ma la partita più importante è un’altra.
Ci lasci indovinare: gli astenuti.
Gli astenuti e gli indecisi. È facile far i titoli sulle percentuali che circolano e prescindere da una fetta di indecisi che va dal 35 al 50%. L’ultimo sondaggio uscito sul Piemonte, due settimane fa, dava la Lega al 29%, con il 51% di indecisi. Vuol dire che la base dei voti virtuali è il 49% di chi ha risposto al sondaggio. Lei capisce che se anche la metà di questo 51% va a votare, abbiamo un 25% che si spalma da una parte o dall’altra.
Le inchieste giudiziarie spostano voti?
Traduco la sua domanda nel quesito di un sondaggio che ho ripetuto a distanza di dieci anni, nel 2007 e nel 2017. Testualmente: “È d’accordo o non è d’accordo con l’affermazione che i magistrati spesso agiscono con fini politici?”. Per la maggioranza degli italiani la risposta è sì: il 56% nel 2007, il 62% nel 2017.
Un altro quesito?
“In Italia la magistratura non è imparziale come dovrebbe essere”: nel 2017 era d’accordo il 72%. E ancora: “Certi magistrati conducono inchieste perché sono in cerca di notorietà?” Per il 64% la risposta è sì. Ecco il vero valore dei sondaggi: se questo 64% fosse stato 60% o 70%, l’interpretazione del dato non sarebbe cambiata, ovvero, la grande maggioranza degli italiani è concorde con… tutto il resto è fuffa.
Il Vaffa-Day è del 2007, le ultime politiche del 2018. In mezzo c’è l’affermazione di M5s. I Cinquestelle sono o non sono il “partito dei giudici”, o se non dei giudici, delle inchieste?
Nel 2007 siamo in pieno governo Prodi, un governo di sinistra. Quel 56% che pensa che i pm agiscano con fini politici è un dato significativo, ma non strabiliante. Se però 10 anni dopo non c’è più il babau Berlusconi, il politico che non si difendeva nei processi ma dai processi, e il dato sale, vuol dire che la spinta al giustizialismo ha trovato casa nei 5 Stelle con il loro totem della giustizia o meglio dell’onestà.
Però abbiamo appena detto che la maggioranza dell’opinione pubblica è consapevole dei risvolti politici, se non intenzionali, dell’azione penale.
Diciamo che vede una correlazione diretta tra l’agire del politico e l’agire della magistratura. Va anche detto che per il 91%, è sempre la mia rilevazione di un paio di anni fa, un magistrato dovrebbe essere responsabile della sua azione. Significa che il pm che sbaglia deve pagare. È la posizione di Salvini, come lo è sempre stata del centrodestra nei venti anni precedenti.
Allora torno a chiederle: nell’imminenza del voto europeo le inchieste giudiziarie spostano voti a favore di M5s?
Nessuno ora può saperlo. In questo momento c’è una grande quantità di informazioni, di input, che si sovrappongono nell’elettore, dall’economia all’Europa, dai migranti alla cronaca giudiziaria, ed è difficile dire che cosa prevale. Però i sondaggi, come abbiamo visto, fino ad oggi, sono tutti in qualche modo stabili.
Prima dell’arrivo di M5s l’elettorato giustizialista era in parte interno alla sinistra, e in altra parte, minoritaria, esterno ad essa. E poi?
Gli scandali del Pd hanno avvantaggiato la sinistra dei “puri”, che per questa ragione sono andati in M5s. Quella sinistra lì, giustizialista, oggi è quella dei 5 Stelle, non più del Pd.
Ma quanto pesano i due gol segnati da Di Maio nel secondo tempo?
Potremo saperlo solo il 26 maggio, però la mia impressione è che abbiano un po’ scompaginato la difesa avversaria. Ricordiamo che Salvini è diventato leader della Lega perché il vecchio gruppo dirigente è stato distrutto dagli scandali. Dunque M5s ha sorpreso la Lega su qualcosa di più di una semplice battaglia politica: quel di più che si chiama “onestà”. In questo modo i 5 Stelle al governo si riconfermano “onesti” a scapito dell’alleato-avversario, giacobini che sono riusciti a garantire la purezza; oggi stanno giocando in casa. Il centrodestra, Lega (Nord) in primis, negli scorsi 20 anni è stato devastato da propri uomini sorpresi a mettere le mani dove non dovevano. Berlusconi stesso lo ha fatto, anche se le mani le ha messe in posti di tipo differente.
I Cinquestelle hanno garantito la purezza? Non quella di Virginia Raggi e della sua giunta.
La Raggi, elettoralmente parlando, è un simbolo solo a metà. È un simbolo perché vuol dire Roma, al tempo stesso è dimezzata perché non ha un ruolo nazionale.
Da analista politico, come valuta le inchieste in Lombardia?
Gli esponenti di Forza Italia arrestati sono la conferma di quel che si sapeva, e si chiude il sipario su un partito perdente. L’impressione è che il vero obiettivo sia Fontana: il governatore della Lombardia, dunque “il” leghista di governo al Nord.
C’è un flusso di voti tra i due partiti di governo?
C’è stato, in pratica unidirezionale. In un anno i 5 Stelle hanno perso 10 punti, un terzo, la destra grillina, è andato alla Lega, un terzo è oggi indeciso e l’altro terzo si è spalmato. Non sul Pd.
Se il 26 maggio M5s cresce, a chi prende i voti?
Ha due mercati: il Pd e gli ex.
La Lega?
Li prende a Forza Italia.
Il Pd?
Se aumenta, è perché si riprende i suoi.
(Federico Ferraù)