A volte si pretende dai sondaggi di sostituire la famosa palla di vetro. Insomma vorremmo che ci anticipassero il futuro, che – sbrigativamente – ci dicessero tout court il nome del vincitore. Duro mestiere quello dei sondaggisti!
Chiunque ha avuto a che fare con questa difficile disciplina di indagine sa che questo non è possibile. La loro utilità cresce quando siamo più lontani dal fatidico momento del voto, ed è allora che possono essere davvero strumenti utili. Ed è proprio in questo senso che il sondaggio realizzato da Antonio Noto per Il Sussidiario sul prossimo voto amministrativo nella città di Napoli si presenta come un’interessante tavola di lavoro. Tocca ora a chi ha il compito di agire saperne fare un buon uso.
Non si poteva non partire dalla crisi pandemica, da come è stata ed è vissuta dai napoletani questa fase particolarmente difficile della loro esistenza. Scopriamo così che l’80% dei napoletani è favorevole al lockdown e ritiene necessaria la collocazione in “zona rossa”. Un dato che impressiona per la sua estensione e ridimensiona di molto il ruolo di quell’accesa protesta che – amplificata dagli stessi media – sembrava rappresentare il sentimento diffuso di tutta la città.
Di conseguenza il giudizio dei napoletani sulla gestione della seconda ondata non può che essere molto critico verso il sindaco de Magistris (sta operando male per il 69%). Il sindaco, che si è sottoposto in queste settimane a una continua esposizione mediatica, è risultato agli occhi dei suoi concittadini ondivago nei comportamenti, incerto nella scelta degli interlocutori, inesistente sul piano dell’azione.
Resta ancora alta invece la considerazione dei napoletani per il governatore De Luca (47% contro il 34% del sindaco uscente), un consenso non più plebiscitario come poteva essere qualche settimana fa ma comunque molto ampio. De Luca paga – a mio avviso – proprio qualche incomprensibile indecisione nel mettere in pratica le proprie convinzioni. Una debolezza inaspettata, forse dettata dall’eccesso di presunzione, che i napoletani hanno colto e non proprio apprezzato.
Per il futuro della loro città i napoletani sembrano pronti a premiare l’attuale maggioranza di governo. Già molto forte in partenza per il consenso di cui godono storicamente in città i partiti che la compongono, la maggioranza giallo-rossa sembra destinata ad avanzare una proposta unitaria di governo per la città. Un candidato espressione di un’alleanza tra Pd e 5 Stelle sembra infatti poter contare su un relativo vantaggio di partenza. Diversamente le cose si complicherebbero per entrambi. I napoletani sembrano preferire figure autorevoli, impegnati in ruoli nazionali, di profilo unitario.
Il sondaggio anticipa di qualche giorno la cauta apertura verso un proprio impegno in città espressa domenica in Tv dal presidente della Camera. Fico è infatti la figura (73% di conoscenza, 55% di fiducia) in grado di battere più facilmente – almeno sulla carta – tutti i candidati del centrodestra. Bene anche i due ministri di cui si parla da tempo per il ruolo di sindaco. Se si può considerare in qualche modo scontata la popolarità dell’ex rettore Manfredi (42% di conoscenza, 50% di fiducia), attuale ministro per l’Università, sorprende il grado di consenso raccolto da Enzo Amendola (30% di conoscenza, 31% di fiducia, cioè il 100% di quelli che lo conoscono). Il giovane ministro per gli Affari europei, napoletano di nascita (è del Vasto), ha dedicato molti anni del suo impegno politico sul “fronte” internazionale, lontano dalla città, il che ne fa un figura autorevole ma in qualche modo distante. Eppure oggi potrebbero rivelarsi molto utili per Napoli i suoi rapporti costruiti in tutto il mondo in questi anni.
Dal sondaggio emerge anche la figura di Nicola Oddati (30% di conoscenza, 35% di fiducia), ex assessore alla cultura della giunta Iervolino e oggi uno degli uomini più vicini a Nicola Zingaretti. Potrebbe toccare a lui mettere insieme mondi diversi e rappresentare quel “tratto d’unione” con De Luca, il lato destinato a rimanere scoperto in una eventuale alleanza Pd-M5s.
Male, molto male i due outsider che hanno già iniziato da qualche settimana la loro corsa solitaria. Sia la giovane assessora uscente Alessandra Clemente, sostenuta dal sindaco uscente, sia Antonio Bassolino non sembrano in grado di accendere il cuore dei napoletani. In particolare l’ex sindaco raccoglie un risultato assai poco lusinghiero proprio nella settimana in cui – giustamente – ha raccolto espressioni di stima e messaggi di sostegno per il suo record di ben 19 assoluzioni collezionate in 19 processi. La sua indubbia popolarità (oltre il 93%) cozza con il dato dell’apprezzamento (che si riduce al 32%, cioè 1 su 3) alla domanda sulla fiducia, e con il 34% che ritiene che se tornasse a fare il sindaco la città peggiorerebbe. Fuori dalla “bolla” mediatica e dalla cerchia ristretta degli amici che lo incitano a candidarsi ad ogni costo, Bassolino dovrebbe considerare un ruolo diverso per dare ugualmente un contributo alla ripresa civile e produttiva della città.
Così se il centro-sinistra ha il suo schieramento vincente (ma non ancora il suo candidato), il centrodestra sembra aver risolto in largo anticipo il dubbio su chi candidare. La discesa in campo del civico Catello Maresca (57% di popolarità, 55% di fiducia, primo posto pari merito con Fico), giovane magistrato con un curriculum indiscusso fatto di numerosi successi nella lotta alla camorra e di un impegno costante al fianco di associazioni operanti nei quartieri più disagiati della città, raccoglie consensi ampi. Nel sondaggio Maresca in un eventuale ballottaggio perde solo nello scontro diretto con Fico (46% contro il 44%), finisce in pareggio con Manfredi ed Oddati (tutti al 45%) e batte gli altri candidati.
Se la scelta per una candidatura civica sarà confermata dal centrodestra vedremo una bella partita, dall’esito aperto, visto che il vantaggio con cui parte il centrosinistra non gli garantisce una facile vittoria.
Ma vi è in questa possibile scelta un messaggio più generale e di fondo. A di là del risultato finale, a Napoli potremmo vedere in azione in entrambi gli schieramenti una nuova classe dirigente, nuove energie, forze rispettabili e competenti e con un approccio non aggressivo. Tutto ciò è la necessaria premessa per avere un vero confronto sulle cose da fare, una competizione sui programmi, sulla qualità delle idee in campo. Questa però è anche la condizione per il dialogo, per smettere di demonizzare l’avversario, per collaborare almeno sulle cose che uniscono gli interessi di una città, insomma l’inizio di un confronto civile, la vittoria – questa sì, inaspettata – della tolleranza e del rispetto reciproco.