Uno dei padri nobili dell’ambientalismo internazionale, Stewart Brand, il quale in gioventù condusse aspre battaglie contro il nucleare civile, quando si convertì all’energia da atomo usava dire “il nucleare più lo conosci meno lo temi”. A conferma arrivano anche i risultati del sondaggio SWG sulla percezione delle nuove tecnologie nucleari da parte degli italiani.



Solo una quota ridotta dei nostri concittadini è a conoscenza delle tecnologie all’avanguardia in campo nucleare quali i piccoli reattori modulari SMR (19%), quelli di IV generazione (33%) e, infine, quello che rappresenta il Sacro Graal della generazione nucleare ossia la fusione (25%). Ma chi conosce queste tecnologie è fiducioso della loro sicurezza e della loro sostenibilità con percentuali che oscillano tra il 56% e il 67%. La posizione degli italiani sul nucleare rispecchia la metamorfosi avvenuta sul tema nel dibattito pubblico.



La consapevolezza del ruolo che il nucleare può avere nel processo di transizione energetica ha riportato alla ribalta l’utilizzo dell’energia nucleare in Italia. A parte le dichiarazioni a effetto di Matteo Salvini che da milanese vorrebbe una centrale nucleare a Milano, la mossa più pragmatica spetta al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica con la costituzione di una piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile. Si tratta di un soggetto di raccordo e coordinamento, sotto l’indirizzo del ministero e con il supporto di Rse (Ricerche sul sistema energetico) e di Enea, tra tutti i diversi attori nazionali che a vario titolo si occupano di nucleare. Il primo incontro si è tenuto a fine settembre.



Tuttavia, approvare la costruzione di una centrale nucleare, mettere in conto almeno 8 anni, è un processo che come – e più di ogni altra grande opera – si scontra con la sindrome Nimby (Not in my backyard, non nel mio cortile). Se infatti è solo il 30% degli italiani a dichiararsi favorevole alla costruzione di una centrale a meno di 100 km da casa propria, la quota sale a 60% se la distanza di estende a 500 km.

Sotto il profilo economico, a fronte di un risparmio del 10% in bolletta il 42% degli intervistati dichiara che sarebbe favorevole alle infrastrutture nucleari; mentre con un calo del 20% della bolletta oltre la metà degli italiani sarebbe favorevole ai nuovi impianti. Il fronte dei favorevoli supera il 70% se il risparmio raggiungesse almeno il 70%. Mentre gli irriducibili contrari al nucleare indifferenti a qualsiasi riduzione della tariffa sono circa un quarto degli italiani contro un 20% di favorevoli a prescindere.

In sostanza, il sondaggio SWG riportato nell’edizione Radar del 17 ottobre, evidenza un’apertura di fondo all’energia nucleare da parte della popolazione che tuttavia esprime il bisogno di ricevere informazioni più concrete. La componente generazionale ha il suo peso. Tra i giovani i contrari sono meno di 1 su 5, mentre tra la generazione over 55 che ha vissuto Chernobyl la quota sale a 3 su 10.

In una campagna di comunicazione sul nucleare che guarda ai dati e rifugge dalle narrazioni basterebbe confrontare le emissioni del comparto della generazione elettrica della Germania: 800gCO2 per kWh con quelle dell’Italia 400 gCO2/kWh e quelle della Francia 32 gCO2/kWh (25 volte meno del vicino tedesco).

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