Come in una partita del campionato di calcio, a decidere saranno i minuti finali, quando entrerà in campo il popolo delle primarie. La novità è che fino ad allora la battaglia sarà molto incerta, molto più di quello che in tanti si immaginavano.
Questo in sintesi il risultato del primo sondaggio serio fatto sui quattro concorrenti, fotografati ai blocchi di partenza. In effetti è la prima rilevazione fatta con criteri di scientificità e su un campione che tenderà a stabilizzarsi. L’indagine è stata svolta dalla società di ricerca Winpoll per conto di “Scenari Politici” su 1.000 interviste, ponderate in un campione nazionale, selezionato per età e sesso. L’impressione è che sia da considerare solo la prima di una serie di rilevazioni – le hanno definite “monitor primarie dem” – che ci accompagnerà fino al voto previsto per il 26 febbraio.
“Conoscenza” e “fiducia nei candidati”’non hanno svelato nulla di nuovo. Salvo un risultato scadente della De Micheli (41% la conoscenza, 62% la fiducia), gli altri tre candidati sono sostanzialmente appaiati e godono di un certo credito nella platea degli intervistati. La sorpresa invece arriva sulle intenzioni di voto, perché i due candidati più forti (Bonaccini e Schlein) risultano già appaiati in un interessante testa a testa. Il presidente dell’Emilia-Romagna è infatti avanti 46 a 41 nel sondaggio a 4, che potremmo far corrispondere al primo turno riservato ai soli iscritti al partito che voteranno nei congressi di circolo. Mentre nel confronto a due – come in realtà sarà il ballottaggio del 26 febbraio aperto agli elettori del Pd – il vantaggio si riduce ad un risicato 2% (51,5% contro il 48,5%) sulla giovane parlamentare candidata della sinistra.
Ancora più significativi sono i dati per fascia di età e distribuzione geografica, perché da queste schede risulta che la Schlein stravince il confronto nella fascia di età 18-29 anni (53% contro il 32% di Bonaccini) e prevale, anche se di poco, sia al Nord che al Centro. Questo dato confermerebbe una sensazione diffusa raccolta in queste ore che vede la giovane candidata crescere e prevalere in zone di insediamento storico del Pd come la Toscana e l’Umbria, e in quelle aree decisive del Paese come la Lombardia e il Lazio.
Bonaccini sembra prevalere con molto vantaggio al Sud grazie al sostegno dei vicerè locali De Luca ed Emiliano, e la rete dei sindaci governata dal sindaco di Bari e presidente dell’Anci De Caro. Bisogna vedere poi come si comporterà il popolo delle primarie, che in genere tende a premiare il candidato più lontano dai gruppi dirigenti locali, quasi mai amati dagli iscritti e dai simpatizzanti.
Bonaccini sente di dover fare di più e che la condizione di candidato favorito non lo sta aiutando. Nella lunga intervista al Corriere rilasciata ad Aldo Cazzullo prova a far leva sulla simpatia di cui ha sempre goduto il modello emiliano. A parte un clamoroso autogol commesso quando ha usato una battuta storica di Renzi sul cuneo fiscale (“non è una tassa per una città piemontese”), è apparsa controproducente l’invito ad usare un “linguaggio da bar”, anche se va detto che l’invito è stato espresso in un contesto molto diverso da quello che potrebbe apparire una battuta “populista”.
Intanto Enrico Letta ieri ha ufficialmente lasciato il ruolo di comando nel Pd, e questa volta sembra un addio definitivo. È stato un segretario che tutti hanno dovuto sostenere ma che non è mai riuscito a scaldare i cuori del popolo di centrosinistra. Ultimo atto di Letta segretario è stato quello di mediare fra le varie correnti per riuscire a emendare la “carta dei valori” del partito. Passaggio necessario per consentire a chi era uscito dal partito qualche anno fa di rientrare, come Articolo Uno di Roberto Speranza.
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