Sopravvissute, la trasmissione condotta da Matilde D’Errico su Rai 3 in seconda serata, racconta la storia di Meryem, una giovane vittima di maltrattamenti in famiglia e finita in un nuovo incubo con il matrimonio combinato a cui fu costretta dal padre. Inizialmente convinta di potersi affrancare da una realtà crudele, fatta di imposizioni e restrizioni, dopo le nozze è precipitata in un altro inferno accanto a un uomo che si sarebbe rivelato violento fino a picchiarla e minacciarla di morte dopo un aborto spontaneo.
Meryem ha scelto di parlare del suo calvario in tv e del coraggio che, dopo anni di violenze, l’ha spinta a denunciare, nel 2016, e trovare la salvezza. Per molto tempo, secondo quanto ha spiegato davanti alle telecamere, ha taciuto per paura e poi, a un certo punto, ha scelto di chiedere aiuto e questo le ha permesso di uscire da un tunnel sempre più pericoloso per la sua vita e quella della sua bambina. Prima la solitudine provata davanti all’indifferenza di chi, tra i suoi affetti, avrebbe dovuto proteggerla, poi la svolta e il raggiungimento di una libertà inseguita da tempo.
Sopravvissute, la storia di Meryem: “Mi sono sentita sola”
Il racconto del dramma di Meryem è in prima persona. A spiegare l’inferno vissuto per anni, costretta alle nozze con un uomo scelto dal padre e abbandonata da quest’ultimo quando sono iniziate le violenze da parte del marito, è stata la stessa protagonista. Una giovane donna oggi libera e indipendente che, fino al 2016, ha dovuto sopportare atroci condotte e maltrattamenti di ogni genere tra le mura domestiche.
Un giorno, tempo prima di denunciare formalmente il marito, Meryem chiese aiuto alla sua famiglia d’origine e il padre le avrebbe negato il suo supporto: “Mi ha guardato e mi ha detto ‘Questa non è più casa tua, la tua casa è con tuo marito’. Mi sono sentita molto sola“.
Meryem, dalla cultura patriarcale della famiglia d’origine alla trappola del matrimonio combinato
Italiana di seconda generazione, Meryem è cresciuta divisa tra le regole ferree della famiglia d’origine, la cui cultura patriarcale l’ha tenuta sotto scacco per anni, e il bisogno di libertà e di una vita lontana dalle restrizioni paterne. Quando il genitore le impose un matrimonio combinato, pensò che quella sarebbe stata la via d’uscita ma si sbagliava. L’uomo che ha sposato, ben presto, si sarebbe rivelato irascibile e violento. Anche lui le avrebbe dettato regole altrettanto rigide, impedendole di lavorare e di vestirsi come voleva.
“Ho conosciuto la violenza in tutte le sue forme – ha raccontato Meryem –, l’ho attraversata con forza ma ho saputo ritrovare la mia libertà“. Nel corso della sua intervista, ha spiegato di essere cresciuta con un “padre padrone“: “Alzava le mani su mia madre, su di me e a un certo punto le mie due sorelle sono scappate di casa ancora minorenni. Non voleva che indossassimo pantaloncini, magliette, quindi alzava le mani e se la prendeva con mia mamma e con noi. (…) Una volta mi ha massacrato di botte…“. Dopo aver subito maltrattamenti dal genitore, sarebbe finita in un nuovo incubo per mano del marito. “Immaginavo di vivere una vita diversa dalla realtà in cui mi trovavo, guardavo il cielo e ogni giorno mi costruivo una nuova ‘puntata’ pensando a come sarebbe stato se fossi stata libera“. Nel 2016, dopo aver subito percosse e minacce con un coltello a seguito di un aborto spontaneo – il marito l’accusava di aver ucciso il loro bambino – Meryem ha trovato la forza di scappare e di chiedere aiuto.