La famiglia di Michele Granato, l’agente ucciso dalle brigate rosse nel 1979 ha deciso di fare ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo contro il “no” della Francia all’estradizione della brigatista Roberta Cappelli, ex membro delle Br, condannata all’ergastolo per tre omicidi. Santina, la sorella dell’agente vittima del terrorismo ha rilasciato un’intervista al quotidiano Libero dichiarandosi molto delusa dal sistema giudiziario francese, affermando “protegge i terroristi e ci umilia“.



Ripercorrendo gli anni trascorsi dopo il tragico evento dice “Mia mamma è morta col nome di Michele sulle labbra: noi chiediamo giustizia per l’onore di entrambi“, e aggiunge “abbiamo passato 44 anni di tristezza: quando ci riunivamo in famiglia si parlava sempre di Michele. Una via crucis. Ma ora la Francia lasci andare gli assassini incontro al proprio destino: sono italiani e devono scontare le pene in Italia“. Ed interviene anche il fratello Pietro a ribadire che la richiesta fatta con il ricorso non è per vendetta ma per avere giustizia, perchè “è quella che le autorità francesi ci hanno negato“.



Famiglia agente Granato fa ricorso alla Corte Europea contro il no all’estradizione brigatisti della Francia

La famiglia dell’agente Granato è ancora alla ricerca di giustizia per l’omicidio avvenuto a novembre del 1979, nel pieno degli anni di piombo, quando Michele, che aveva svolto diverse indagini sull’estremismo di sinistra, fu assassinato dai brigatisti davanti casa della fidanzata a Roma. Si sarebbe dovuto sposare un mese dopo e ora la sorella lo ricorda dicendo “Il mio dispiacere è non essere andata al funerale, mi vorrei strappare tutti i capelli che ho in testa e tornare indietro.”



L’obiettivo ora è combattere contro la decisione della Francia di non concedere l’estradizione a Roberta Cappelli, anche grazie all’aiuto dell’Osservatorio Anni di Piombo per la Verità Storica, il cui presidente Potito Perruggini Ciotta dichiara a Liberola missione del nostro Osservatorio è di continuare a fare l’impossibile per ricercare dei bricioli di verità storica condivisa“. Per questo, il ricorso alla Corte Europea non rappresenta un oltraggio alla Francia ma piuttosto “un chiarimento di quelli che sonoi pesi e contrappesi tra vittima e carnefice” e conclude con “Non si può difendere sempre e solo Caino“.