Lavoro con le parole e con le parole mi è stato chiesto di commentare la lettura di Cum Tucte, la pubblicazione curata da Fondazione Lombardia per l’Ambiente che raccoglie gli atti del convegno svoltosi nell’estate del 2023 alla quarantaquattresima edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli di Rimini.



Siamo alla vigilia della prossima edizione, è passato quasi un anno dalle conversazioni riportate nel volume e il cambiamento climatico sferza i nostri territori, come dentro una doccia scozzese tra alluvioni e siccità. Chiedo scusa a chi mi ha chiesto questo contributo per Il Sussidiario, ma ho finito le parole. Mi occupo di pubblicità, scrivo per mestiere: imprese, istituzioni, Terzo settore, mi chiedono spesso di prestare la scrittura al racconto della sostenibilità ambientale. E qui, adesso, tocca ammettere che io non riesco più a scrivere.



Mi chiedo come siano riusciti i protagonisti (non è un maschile sovraesteso, ahimè) delle due tavole rotonde a restare così lucidi, razionali, fermi e puntuali nelle loro argomentazioni. Hanno parlato di amicizia, alleanza, relazioni, scomodato il Papa, San Francesco e la dimensione spirituale del nostro vivere. Hanno cercato di ispirare, motivare, attivare il pubblico di giovani che ogni anno affolla le Sale del Meeting di Rimini, escludo che tra loro ci sia stato/a qualche coetaneo/a, rappresentante di Ultima Generazione. Stessa età, emozioni diverse. Da una parte la paura, i media la chiamano eco-ansia. Dall’altra la rabbia di chi imbratta, blocca treni e autostrade, interrompe la classe politica, protesta in maniera grottesca, inimicandosi l’opinione pubblica. In mezzo il mondo degli adulti, quelli che usano le parole per riferire il da farsi per ricucire la frattura tra “etica e ambiente”, per fare la pace con Gea, pregare o trovare scopi nuovi, invertire la logica del consumo, richiamare alla responsabilità, frenare o anche solo rallentare. Lo slow sa farsi brand, perché anche la lentezza si possa consumare.



Scusate, davvero, basta con le parole. Servono le azioni, consapevoli, severe, inedite, regolamentate, silenziose. Un convegno in meno, un investimento in più. La vera nuova alleanza ha da essere generazionale prima di tutto. Non possiamo continuare ad abitare un pianeta dove la nuova generazione viene edotta all’ecologismo dagli stessi adulti che gli hanno consegnato un pianeta fatiscente. Vi avranno ascoltati al Convegno di cui mi chiedete un commento. Ma perché da nessuna parte, nessuno dei partecipanti ha chiesto scusa? Perché nessuno ha parlato di risarcimento? Perché ciascuno dei protagonisti ha velleitariamente posto l’attenzione sul suo sapere, sulle proprie conoscenze, sulle proprie esperienze e nessuno ha guardato in faccia le persone in sala per usare i suoi 15 minuti nel dialogo con chi era presente?

Prima per un’ammissione di colpevolezza, non come individuo, ma come generazione, e poi per cercare insieme, onorando anche il titolo, le parole nuove che servono per ripensare società, mercato, convivenze, famiglia, scuola, politica alla luce di un’emergenza che non ci dà più scampo. E che ha bisogno di essere compresa, partendo da un vocabolario che torni a riempire di significato le parole più abusate e quindi agirle. Magari partendo proprio dalla parola più in voga: Sostenibilità.

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