La sostenibilità è ormai quasi diventata un luogo comune, un elemento di cui non si può fare a meno quando si parla di politica, di economia, di finanza. I parametri Esg (Environmental, social, governace) dominano ormai, almeno teoricamente, le politiche economiche così come le strategie finanziarie.
È un fatto indubbiamente positivo che si diffonda sempre di più la coscienza delle necessità di guidare lo sviluppo, di rispettare gli equilibri ambientali, di preservare i beni della terra per le future generazioni. Passi necessari, ma non sufficienti.
A settembre saranno passati dieci anni dall’approvazione da parte dei 193 membri dell’Onu degli Obiettivi 2030 “per lo sviluppo sostenibile: un programma d’azione volto a promuovere il benessere delle persone, la salvaguardia del pianeta e la prosperità negli anni a venire”. E da dieci anni tra le parole che hanno conquistato un posto d’onore nei confronti politici e sociali sicuramente la parola “sostenibilità” si trova nella parte alta della classifica.
I veri problemi sono stati e continuano a essere, tuttavia, la dispersione delle iniziative e la totale mancanza di una strategia condivisa. E l’Italia è ancora più in ritardo degli altri Paesi, con settori dove si sono fatti addirittura dei passi indietro. La sostenibilità è diventata di volta in volta una strategia di marketing, un’etichetta per tutte le stagioni, uno slogan per abbellire la ricerca del consenso.
In questa prospettiva c’è forse bisogno di allargare il paradigma di riferimento, di andare oltre alle politiche collettive e ai richiami all’etica individuale, elementi tuttavia fondamentali, ma non sufficienti, per una vera politica della sostenibilità.
La proposta, quasi una provocazione, viene da Luigino Bruni, economista e storico, direttore scientifico dell’evento “Economy of Francesco”, promotore e presidente della Scuola di economia civile. In un saggio, breve, ma ricco di spunti (Economia vegetale, Aboca, 2024), Bruni invita a guardare al mondo delle piante superando lo sguardo verso una natura che rispettiamo per uno scopo strettamente utilitaristico, ma cercando di cogliere quegli elementi positivi che troppe spesso mancano nelle tradizionali visioni economiche. La stabilità, la forza delle radici, l’adattamento alle stagioni, la crescita lenta, ma sicura, la cooperazione che aiuta la foresta a crescere.
È una saggezza che va molto più in profondità di quella esaltata ironicamente da Peter Sellers in “Oltre il giardino” dove un modesto giardiniere, con il buon senso che deriva dalla cura delle piante, arriva alle soglie della Casa Bianca. È una saggezza che rivaluta in beni comuni rispetto all’esaltazione del diritto di proprietà, che sviluppa la collaborazione rispetto alla competizione, che pone in primo piano la gratuità rispetto all’interesse strettamente economico.
È un invito alla riflessione sui valori che guidano le scelte politiche e sociali, ma anche e soprattutto quelle di ciascuno di noi.
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