L’emergenza sanitaria non ha frenato il riciclo degli imballaggi in Italia. Anzi, ha portato il settore a macinare risultati oltre le previsioni. Secondo infatti le rilevazioni di Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi, lo scorso anno è stato avviato a una nuova vita il 73% dei pack immessi sul mercato, ben 3,3 punti percentuali in più rispetto al 2019. Sono state insomma riciclate più di 9 milioni e mezzo di tonnellate di imballaggi sul totale delle 13 milioni immesse al consumo. Immesso che nel 2020 è calato di più del 4% rispetto al 2019 per il venir meno dei pack destinati ai settori commerciali e industriali.
E sommando ai numeri del riciclo quelli del recupero energetico, il totale di imballaggi sottratti alla discarica si avvicina all’84% (83,7%), per un totale di quasi 11 milioni di tonnellate. “È un record – conferma il presidente di Conai, Luca Ruini -. Il tasso di riciclo più alto che il nostro Paese abbia conosciuto. Le nostre prime stime, a inizio anno, parlavano di un 71%: alcuni di noi lo vedevano come un eccesso di ottimismo per un anno difficile come il 2020. Invece, le previsioni si sono rivelate addirittura troppo prudenti”.
In anticipo sugli obiettivi europei del 2025
“Quello ottenuto da Conai è un risultato importantissimo, che ci fa capire che siamo nella direzione giusta” afferma Laura D’Aprile, capo dipartimento transizione ecologica e investimenti verdi del Ministero della Transizione Ecologica. Una direzione che pone il nostro Paese tra i primi della classe in Europa. Nel riciclo degli imballaggi, infatti l’Italia ha già raggiunto con cinque anni di anticipo gli obiettivi complessivi che l’Europa impone ai suoi Stati membri entro il 2025, quando ogni Paese dovrà riciclare almeno il 65% degli imballaggi. Un target già superato dall’Italia di ben 8 punti percentuali. Tanto che il nostro Paese è secondo nell’Unione solo alla Germania in termini di quantitativi di imballaggi riciclati
Ma le buone notizie non finiscono qui. Già, perché il risultato complessivo è frutto di una dinamica sostanzialmente trasversale ai singoli materiali di imballaggio, che nella quasi totalità dei casi hanno già raggiunto le percentuali di riciclo richieste entro il 2025. Resta indietro solo la plastica – avverte l’analisi di Conai -, ma di un’incollatura, meno di due punti percentuali: nel 2020 in Italia ne è stata riciclata il 48,7%, ma “raggiungere il 50% richiesto dall’Unione in cinque anni non rappresenta un problema”, conclude Ruini
Il nodo delle informazioni
Ora quindi la sfida per aumentare ulteriormente i tassi di riciclo sembra essere destinata a spostarsi sul campo della comunicazione. E questa sfida vedrà necessariamente il comparto alimentare in prima fila. “Nel food – spiega Simona Fontana, Responsabile del Centro studi e dell’Area prevenzione Conai -, gli imballaggi sono generalmente abbastanza complessi. Devono infatti assicurare prestazioni particolari, molto alte: garantire protezione e igiene dei prodotti, così da assicurare una vita a scaffale più lunga possibile, senza dimenticare integrità e salubrità. Questa complessità fa sì che, soprattutto per gli imballaggi destinati all’alimentare, sia sempre più necessario dare indicazioni precise e corrette al consumatore sul conferimento in raccolta differenziata. E questo non solo indicando ‘dove lo butto?’, ma anche fornendo suggerimenti su come fare una raccolta differenziata di qualità per il riciclo. In altre parole, spiegando come separare le componenti di diverso materiale, come svuotare la confezione dell’eventuale contenuto residuo o ancora come ridurre il volume degli imballaggi”. Un appello che sembra già trovare accoglienza presso le aziende, che “Sono sempre più attente a dare questo tipo di informazioni – nota Fontana -. E questa attenzione, in vista dell’obbligo di etichettatura ambientale che entrerà in vigore a partire da gennaio 2022, è destinata a crescere”.
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