La notizia che Eni, con il report di sostenibilità Eni for 2019 – Performance di sostenibilità, sia fra le 10 migliori aziende (Top Performer) dell’analisi di Wbcsd (World Business Council for Sustainable Development) potrebbe sembrare la solita notizia un pò agiografica e a effetto comunicativo positivo per l’impresa. Un po’ strumentalmente di marketing e comunicazione sociale. Per verificare se così è vale la pena entrare nella notizia con alcune considerazioni di contesto, di merito e con alcuni dati.



In primis, chi è Wbcsd e quale attendibilità ha? Wbcsd è un’organizzazione globale che annovera oltre 200 aziende fra le più importanti al mondo, orientate alla transizione verso uno sviluppo sostenibile. Le aziende hanno un fatturato complessivo di oltre 8,5 trilioni di dollari e con 19 milioni di dipendenti. La valutazione dei reports di sostenibilità (“stories are for novels, not sustainability reports”) è finalizzata a definire il valore di sostenibilità di aziende impegnate nella economia circolare, nella mobilità e nel welfare municipale, nell’equilibrio e cambiamento climatico, nell’energia, nel “food” e nella salvaguardia della natura, nel rispetto dei diritti umani e nella realizzazione olistica delle persone come dipendenti e come cittadini. La mission di accelerare la transizione verso un mondo sostenibile integra l’equilibrio fra sostenibilità e business (per esempio, promozione degli Sustainable Development Goals del the Paris Agreement) dichiarando la Wbcsd vision come: “A world where more than nine billion people are living well and within the bounderies of our planet by 2050″. Inoltre, la ricomposizione fra sistema finanziario e non finanziario è un obiettivo imprescindibile.

Ma l’Eni, nel documento Reporting Matters 2020, perché è Best practice per l’aspetto “Sustainability governance”?

Leggendo il report Eni for 2019 – Performance di sostenibilità si approfondiscono le tematiche non finanziarie contenute nella Dnf (D.Lgs 254/2016) dalla Neutralità carbonica nel lungo termine (emissioni ed efficienza energetica) al Modello per l’eccellenza operativa (persone, sicurezza, ambiente diritti umani, trasparenza e lotta alla corruzione). E ancora le Alleanze per lo sviluppo locale e gli indicatori per la sostenibilità della supply chain e il rapporto con i clienti e i consumatori.

Nella parte di “Governance ed etica di impresa”, per la quale Eni è Top Performer, si nota, nel CdA e nel Consiglio di sorveglianza un buon bilanciamento di genere e il numero degli amministratori indipendenti è cospicuo e superiore al dettato statutario. Fra tutte le società dell’Eni e controllate c’è stata una leggera flessione della presenza femminile (organi amministrativi: nel 2018 percentuale 33%; nel 2019 percentuale 29%. Organi di controllo: nel 2018 percentuale 39%; nel 2019 percentuale 37%).

Gli obiettivi di sostenibilità dell’AD, nel pay-mix, sono correlati al lungo termine (target triennio 2014-17 percentuale 46% mentre nel triennio 2017-20 percentuale 53%). La remunerazione variabile “a breve” collegata a obiettivi alla sostenibilità ambientale (CO2) unitamente a quelli collegati al “Severity Incident Rate” e ai diritti umani e sviluppo locale si mantiene positiva ed equilibrata.

La cifra di apprezzamento è la chiara attribuzione degli obiettivi di sostenibilità sia al CdA, sia ai Comitati di governance con una strutturazione definita in “breve” e “medio lungo” periodo, nonché la trasparenza e conoscenza percepita dei KPI inerenti le tematiche materiali (dicesi i temi rilevanti che vengono selezionati a seconda della dimensione degli impatti (positivi e negativi) generati).

Un focus interessante nel report riguarda la Salute con l’esplicitazione (nel 2019) di 14 studi HIA (Health Impact Assesment) di cui 9 integrati ESHIA(Environmental,Social and Health Impact Assesment).

Eni come Top Performer? Una soddisfazione per l’azienda che, comunque, dovrebbe ulteriormente sforzarsi di offrire alla comunità e ai territori valutazioni d’impatto ambientale, sociale di governance seguendo non solo gli indicatori di ESG, ma sviluppando una formula imprenditoriale sociale secondo i criteri del “purpose” dell’intenzionalità sociale, della misurazione, dell’addizionalità, della continuità sussidiaria e della massimizzazione “relativa” del profitto. Tutte caratteristiche da “mettere a a terra” in una filiera con risultati ambientali, sociali e di governance a favore di tutte le imprese-aziende pubbliche-private profit e non profit.

Questo non vuol dire “omogeneizzare la società, ma sicuramente ci permette di lavorare insieme. Può unire molti nel perseguire ricerche congiunte in cui tutti traggono profitto” (Lettera Enciclica “Fratelli Tutti” – 228).