A seguire i dibattiti televisivi, il cambiamento climatico è la causa di tutti i mali attualmente esistenti sul pianeta. Nuove ideologie (complice anche lo svuotamento ideale della politica) si sono sostituite a quelle che abbiamo conosciuto fino al secolo scorso. Così si contrappone la fazione di chi “è tutta colpa dell’uomo con la sua smania insaziabile di progresso e benessere” a quella per la quale “il progresso è inarrestabile e l’emergenza climatica è la balla del secolo”; l’ideologia ambientalista si contrappone a quella consumistica. Le soluzioni proposte sono spesso utopistiche e nel frattempo i disastri ambientali continuano a ripetersi sotto gli occhi di tutti.
A chi appena approfondisce la questione, risulta evidente che è impossibile affrontare sfide globali senza un adeguato (e sicuramente meno strillato) approccio, innanzitutto culturale, inteso come idea del rapporto che deve intercorrere tra uomo, ambiente, economia, etica e politica.
Le iniziative in questo senso, vista la posta in gioco, sono sempre poche. È pertanto più che meritorio il convegno, tenutosi il 26 maggio su iniziativa del Vescovo di Salerno, Mons. Andrea Bellandi, con la collaborazione de Ilsussidiario.net e del Banco Alimentare Campania, intitolato “Natura: la bellezza mette l’uomo al lavoro”. Spunto di riflessione, la mai sufficientemente letta e compresa enciclica Laudato si’ di Papa Francesco.
Tra i relatori è emersa la consapevolezza che tutte le azioni dell’uomo non sono risolutive se non si parte da una nuova concezione antropologica; e bisogna partire dalle basi. Per Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, occorre riscoprire l’origine del rapporto tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda; bellezza, desiderio, costruzione sono i tre passaggi fondamentali di questo rapporto: “Il nostro cuore si mette in azione guardando ciò che abbiamo intorno. Nei graffiti rupestri della Val Camonica, i primi temi trattati riguardano l’uomo che guarda le stelle; il primo stupore è di fronte alla realtà e ciò genera il desiderio … . Tutta la storia dell’uomo è questo sguardo sulla realtà che lo spinge ad andare oltre. Anche il progresso tecnico è sempre prima una scoperta della realtà” che spinge l’uomo a trovare il suo uso adeguato. Non è appena una questione estetica bensì il dinamismo dell’azione umana fino alla costruzione sociale intesa come il desiderio di una armonia, di una bellezza, di una convivenza in cui l’uomo si senta a suo agio.
In questo rapporto l’uomo si accorge che “la natura, principale fonte di questa bellezza, può essere anche cattiva; pertanto, non può essere soltanto contemplata, pena una concezione dell’uomo che si dissolve nel suo ciclo perenne. L’uomo, sia per difendersi da essa che per realizzare il suo desiderio deve usarla, con il rischio di usarla male. Da questo nasce una nuova concezione antropologica”.
Prosegue Vittadini: “l’idea settecentesca che sostituisce al desiderio l’egoismo, il mantra del neoliberismo in cui viviamo per il quale l’egoismo dei singoli, attraverso una mano invisibile porta al benessere collettivo, sono esplosi. L’idea della sostenibilità fa il paio con quella per cui l’uomo può peggiorare la situazione della natura”. Basta vedere quante delle catastrofi ambientali sono dovute all’incuria dell’uomo. La risposta non può essere né la cosiddetta “decrescita felice” né lo sfruttamento neoliberista della natura. “C’è bisogno di una concezione che sappia usare la natura e sappia rimediare anche a ciò che della natura non funziona, perché preferiamo essere curati piuttosto che essere parti di quelle malattie che fanno parte di questa natura”.
Una parte determinante nella sfida posta dalla nuove emergenze climatiche è svolta dalla politica. Non bisogna meravigliarsi se questa a volte si è fatta trovare impreparata, se è vero che tutte le costituzioni del secondo dopoguerra non menzionano l’ambiente quale bene da tutelare. I primi interventi legislativi risalgono alla fine degli anni 70. Tuttavia, con la collaborazione dei privati, la cosa pubblica può trarre un valore per la comunità da ciò che, invece, potrebbe costituire solo un problema da risolvere (come conferma lo sfruttamento dei rifiuti da inserire sempre più in un contesto di economia circolare). Lo ricorda Raffaele Cattaneo, sottosegretario alle relazioni internazionali ed europee della Regione Lombardia e con una lunga esperienza quale amministratore nel settore ambientale: “La prima cosa da capire è la posta in gioco. Se è vero che la nostra economia ancora usa per l’85% combustibili fossili e per il 2050 è stato posto dalle organizzazioni mondiali il raggiungimento dell’obiettivo della completa decarbonizzazione, è evidente che per prima cosa bisogna mettere a tema il modello di sviluppo che vogliamo perseguire per i prossimi 30 anni, in un contesto in cui non è ancora chiaro come questo possa essere realizzato”. Pertanto, “prima delle politiche, ci vuole una visione dell’uomo e della realtà, uno sguardo, un approccio culturale corretto”; per dirla con le parole del Papa, “non c’è una ecologia senza una adeguata antropologia”. Il rischio sono i deliri ideologici di alcuni Paesi anglosassoni per i quali, in un pianeta nello stato in cui versa, è meglio non mettere al mondo figli.
Catteneo coglie un aspetto fondamentale della Laudato si’ dove si chiarisce che al centro di questa nuova visione antropologica ci deve essere una “relazione corretta tra l’uomo e l’ambiente”, cioè di una “ecologia integrale”, dove l’ambiente non è deificato ma posto in una dimensione che tiene conto di tutto ciò che lo compone e quindi anche dell’uomo.
L’individualismo è il principale nemico di questa visione integrale dell’ecologia, impossibile da realizzare senza il contributo non solo dell’iniziativa dei singoli ma anche, e soprattutto, dei corpi intermedi. Una testimonianza in tal senso è stata fornita da Orlando Paciello, presidente dell’Ordine dei veterinari di Salerno che ha ricordato che il concetto di “one health”, basato sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema sono legate indissolubilmente, nasce proprio in ambito veterinario. Ciò ha anche delle declinazioni pratiche che possono tradursi in esperienza di concreta solidarietà, come è avvenuto quando in Campania il problema dei bovini vaganti o confiscati è stato affrontato non destinandoli alla mera eliminazione bensì, attraverso protocolli concordati con le varie autorità competenti, alle tavole di tante famiglie indigenti.
Il vicepresidente della Regione Campania, on. Fulvio Bonavitacola, ha soprattutto rimarcato le responsabilità delle presenti generazioni nei confronti di quelle a venire e messo in guardia sul rischio che rivoluzionari principi spesso contenuti nella Costituzione (ultimo, l’inserimento all’art. 9 della tutela dell’ambiente, della biodiversità e gli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni) spesso rischiano di essere mere enunciazioni di principio senza la consapevolezza di non essere soli nel creato ma in profonda connessione con ogni aspetto di esso.
Mons. Bellandi ha concluso i lavori rimarcando la dimensione ontologica della questione, senza della quale l’esito ultimo non può essere che la contrapposizione e, ultimamente, la violenza. “La bellezza non ha un carattere esclusivamente estetico ma riguarda l’essere, l’ontologia; la bellezza mette l’uomo in ricerca e quindi al lavoro e il lavoro è per resuscitare, cioè per diventare più se stessi. Se manca questo primo impatto di fronte al creato o alla natura di stupore, cioè di coscienza che siamo dentro un contesto che ci è stato dato, se manca questa consapevolezza culturale, diventiamo inevitabilmente violenti”. L’uomo non può concepirsi più come il centro del cosmo ma come abitante, in armonia con tutto il resto che lo circonda, di una dimora; che ha tutto l’interesse a custodire nel migliore dei modi.
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