Chissà, forse mettere Due Vite di Marco Mengoni in apertura della prima serata del Sanremo 2024 non è solo autocelebrazione, ma vera e propria premeditazione: perché la canzone vincitrice del Festival della Musica Italiana numero settantatré non era (è) certo un pezzo unico, ma sentito dopo Autodistruttivo dei La Sad la fa diventare un gioiello. Giovani vecchi: che vogliono far pensare, nel 2024, che essere punk vuol dire avere una cresta rosa e dire vomito sul palco più nazionalpopolare che ci sia.
Battute a parte, Sanremo 2024 è qui, si sa quando inizia e non si sa quando finisce (ovvero sì, ma le 2.00 sono un orario -purtroppo- puramente indicativo), e niente sarà più come prima: non è un disclaimer ad effetto, ma la verità perché questo Amadeus anno Quinto è l’ultimo del regno del conduttore ex dj di Ravenna, ed è la conferma definitiva del suo obiettivo: trasformare il Festival nel Festivalbar. Viene detto con tutto l’amore possibile per l’evento musicale delle estati di noi boomer, e con tutto il favore possibile per questa mutazione di ultimissima generazione.
La scomparsa (o forse no) di quella fascia oltranzista che ancora crede(va) sia rivoluzionario dire che non vede o che non ha mai visto Sanremo è merito/colpa sempre del buon Ama: e allora tiriamo una riga e andiamo oltre, perché adesso il Festival coinvolge -potremmo dire anche soprattutto- un pubblico giovane grazie all’attenta selezione degli artisti che popolano le classifiche e le varie piattaforme, da Spotify in giù (n.d.a.: giuro, da che Facebook coesiste con Sanremo non ho mai visto la mia bacheca dove ogni post era dedicato a Sanremo. Ma proprio tutti tutti tutti). Facendo ovvie orecchie da mercante alle polemiche preventive, che vanno dal pretestuoso al fazioso, tuffiamoci a peso morto nell’ascolto di queste 30 canzoni: si, proprio 30, perché l’unica vera obiezione potrebbe essere quella all’accumulo bulimico di fin troppe tracce a comporre il mosaico musicale. Ma come d’altronde un po’ in tutti i Festival (Venezia in testa) il rischio è quello della sovraesposizione, e di perdere melodie e parole in un mare tempestoso. Questa è.
PAGELLE SANREMO 2024, PRONOSTICI e CLASSIFICA DOPO LA PRIMA SERATA
Andiamo a fare le nostre pagelle della prima serata di Sanremo 2024 dopo aver ascoltato tutti i testi delle canzoni in gara. Le canzoni, si: la prima serata la inaugura Clara con Diamanti Grezzi. Direttamente da Mare Fuori, la ragazza vestita di plastica ha uno dei compiti più ingrati (aprire la gara), ma la sua canzone veloce e ritmata apre senza tensioni, protagonisti o arroganza. Certo, canzone bella e memorabile quante le altre belle e memorabili 102 canzoni attualmente in airplay. Voto: 6
Tutto e il contrario di tutto nel secondo cantante, Sangiovanni esegue la sua Finiscimi, senza timore di vergogna mentre porta la giacca bianca (abbinata al pantalone oversize) dei Talking Head di due o anche tre misure più grande e i capelli di un Frodo qualunque. Ma il look è proprio come il pezzo: buono per un rimorchio e nulla più, tanto più che sembra inseguire Calcutta senza raggiungerlo -men che meno superarlo mai. Voto: 5
Anche Amadeus è di bianco vestito. E anche Fiorella Mannoia, che in barba alla sa età anagrafica dimostra di avere il mood di un evergreen e la grinta di un’adolescente, mentre la sua Mariposa sembra una cumbia messicana che risuona come un inedito di Fossati. Batte in levare e addirittura ha un testo che potrebbe ricordare De Andrè: non una delle sue migliori, neanche lontanamente una delle sue più intense, certamente una delle più vive di questo Sanremo e una di quelle che sulla lunga distanza potrebbe tenere di più (chi ha detto Dov’è l’Ammore?). Voto: 8
E quando si pensava di aver sbagliato canale e di trovarsi alla fiera del bianco arriva Irama in total black: stupore? Non troppo, perché Irama canta Irama: Tu No, è una ballad delle sue più classiche, ma non ha il graffio che a volte il ragazzo sa mettere nelle sue composizioni, con un’enfasi troppo abbondante. Voto: 5
A stupire è invece Ghali che con Casa Mia, si candida a diventare il tormentone di quest’edizione; ritmata, veloce, leggera e fiera di esserlo. Voto: 6
Si sa poi che non porta mai bene partire come vincitori annunciati: la sorte che tocca ai Negramaro, per la prima volta in gara. Partiti proprio da questo palco con la martellante e bellissima Mentre tutto scorre, si sono però da allora allontanati molto, fin troppo, dal loro stile post rock melodico graziato dalla voce incredibile di Giuliano Sangiorgi, e questa volta portano Ricominciamo tutto che è la summa della loro produzione degli ultimi anni. Parliamo allora di un pop bagnato e anzi ormai sopraffatto dall’elettronica, con la voce del frontman pallida ombra di quello che era, e una costruzione melodica tipicamente sanremese. Anzi, fin troppo costruita per funzionare in televisione, perché manca un ritornello riconoscibile e il brano sembra non partire mai. Voto: 6
Funziona di più Annalisa, con l’acchiappa-hit Sinceramente, studiata a tavolino per valorizzare la voce della ragazza e le sue innegabili qualità tecnica senza rinunciare ad un ritmo programmato per uccidere le classifiche. Voto: 7
Prendiamo un po’ fiato (e non siamo neanche lontanamente a metà), e parliamo dello spettacolo. Che quest’anno ancora non c’è. Ma era prevedibile, basta un po’ di matematica: 30 canzoni con una durata media di 4 minuti occupano 120 minuti, le cinque ore di trasmissione ne prendono 300. Basta un colpo d’occhio per capire che spazio per lo show in questa serata inaugurale ne rimane ben poco: ma non basta Fiorello “chiuso” fuori dall’Ariston su un irresistibile striscione che recita “Ama pensati libero che è l’ultimo” per legare le diverse parti dell’infinita diretta, e se Marco Mengoni non fa rimpiangere Chiara nonmivuolepiùnessuno Ferragni poco ci manca. Certo, l’ex influencer era un nulla travestito malamente da arroganza finta emotiva, ma il caro Marco non ha davvero niente del co-conduttore o della spalla (che, ricordiamo, deve essere più brava del conduttore per dare gli assist giusti, alleggerire la durata, far sorridere). Servito oltretutto da una regia di Stefano Vicario che fa fatica non poco a raccontare bene il palco, perdendo il ritmo e il movimento.Arriva allora Mahmood a ricordare il vero valore aggiunto di Amadeus, ovvero l’aver voluto a tutti i costi portare quel vento nuovo su un palco fin troppo polveroso, una nouvelle vague che non sempre funziona ma che in mezzo a tanta roba dimenticabile porta cose notevoli. Proprio come la Cenere di Lazza nel 2023, Tuta Gold di Mahmood è una canzone che sembra venire direttamente dal futuro. Funk, rap, melodie mediterranee, ritmo implacabile e una presenza scenica inesorabile: Tuta Gold è questo, e potrebbe portare il cantante di Soldi sul podio per la terza volta. Voto: 9
Bis che sicuramente non riuscirà invece a Diodato, perché Ti Muovi, pur essendo un classico crescendo diodatesco nella sua ariosità trascinante, è fin troppo simile a Fai Rumore. E poi, pensiamoci bene: bravo Diodato, assolutamente, ma mentre canta se chiudete gli occhi non vi sembra di essere nel bel mezzo di una fiction italiana dove il protagonista (Accorsi? Arca? Va bene chiunque) cammina o guida ma è comunque impensierito e torna con la mente dietro alla sua vita trascorsa? Voto: 6
Se la Mannoia dall’alto della sua qualità autoriale si è concessa un ritmo appassionato, Loredana Bertè porta la prima chitarra elettrica sul palco insieme alla sua dichiarazione di pace con sé stessa, e a chi importa se stona un verso sì e l’altro pure. Pazza è trascinante e sincera, anche qui potremmo essere in presenza di una hit a lung(hissim)a percorrenza. Voto: 7
Che poi è un po’ quello che vorrebbero i giovanissimi artisti che inseguono la fortuna sul palco dell’Ariston: non tutti ce la faranno per la legge dei grandi numeri, come non ce la farà Geolier con I p’ me, tu p’ te, dance pop elettrico-melodica che naviga a vista sul napoletano postmoderno di Mare Fuori. Voto: 4
Arriva Alessandra Amoroso, e che le vuoi dire? Poverina, porta una canzone, Fino a Qui, che è un po’ il meglio che riesce a fare, e lo fa con una tale semplicità che non puoi volerle male. Intanto la canzone l’hai già dimenticata: perché cinque autori per la musica e cinque per il testo creano una melodia immediata che parte da pianoforte e voce e poi si allarga ariosa e sincera, ma non si fissa in testa. Voto: 6
Invece Un ragazzo una ragazza si fissa, anche troppo: i The Kolors confermano la loro vena fortunata pescando nei tormentoni disco. Come sopra, come spesso, bella come sono belle altre 102 in radio, ora.
Voto: 6
Fermi tutti un attimo, però. Va bene il tormentone, va bene la ricerca della hit: ma com’è che quest’anno c’è poco amore a fare rima col cuore? Le canzoni di Sanremo 2024 “sono un po’ dance perché la dance la capiscono i bambini e gli anziani”, ha detto qualcuno: ballad in minoranza, a quanto pare, e neanche tanto convincenti, mentre i più insospettabili scoprono la cassa dritta in 4/4. È una tendenza, questo è certo, ora occorre vedere se sarà un mood permanente o solo un interregno di questo Festival(molto)Bar di Amadeus. Allora, in questo profluvio di brani pensati per muoversi a ritmo su TikTok, ecco che arriva Angelina Mango e con La noia spariglia tutto. Perché arriva da Amici, d’accordo: ma il sangue che le scorre nelle vene è di due tra le più belle voci della musica italiana di sempre (Pino Mango, signori; e Laura Valente, non dimentichiamolo) e non è lontanamente acqua: la canzone scritta insieme a Madame e Dardust è difficile e impervia anche se non sembra -provateci voi a cantare la sua melodia incisiva ma sottilissima e tutta giocata su un equilibrio impossibile. Si muove a suo agio davanti le telecamere così come sguscia tra folk e dance spintissima: per una volta forse una vittoria annunciata che può essere reale. E corretta. Voto: 9
Poi dicono che li prendono in giro: Il Volo intitola la sua canzone Capolavoro. Meno lirica, molto pop, loro sono divisivi (se girano il mondo è perché sono amati, ma a vederli muoversi mentre si sgolano manco fosse Jesus Christ Superstar un sorrisino emerge. Voto: 4
E a proposito di cassa dritta: base uptempo per Big Mama e La rabbia non ti basta, uno dei pezzi migliori che non finirà nelle zone alte ma porta un testo importante. È facile distruggere i più fragili / Colpire e poi affondare chi è solo / Copri le lacrime segreti da tenere, non farti scoprire / Lo sai che a casa non devon sapere, cosa dovrai dire / Una figlia che perde chi la vuole avere, quindi apri ferite / Vorresti solo un altro corpo / Ma a quale costo?: intensità e bellezza, lei ha lo sguardo lucido del dolore, non funzionerà all’Ariston, ma chi se ne frega. Voto: 8
Da trash a capolavoro il confine è sottilissimo: basta poco e uno scult diventa leggenda. Loro hanno fatto così tanto, e sono stati talmente e stolidamente sottostimati da più parti (il loro impasto vocale rimanda ai più raffinati quartetti vocali del dopoguerra) da poter fare oggi quello che vogliono. Basterebbe il coraggio di arrivare sul palco -letteralmente- infiocchettati in quel modo per dargli tutti i premi possibili; poi Ma non tutta la vita dei Ricchi e Poveri sa così di già sentito da fare il giro e diventare un cult assoluto. Voto: 1/10
La notte inizia ad essere tarda, è mezzanotte e mancano ancora ben undici esibizioni: la speranza è che filino via veloci. Ma l’aggettivo veloce ha tante sfaccettature: che dire di un bel tris fatto da Emma, Mr. Rain e Renga & Nek? In ordine: Apnea, Due altalene, Pazzo di te. La prima si scatena in un beota unz-unz-unz che mescola insieme Tozzi e Ricchi & Poveri senza avere le altezze di nessuno dei due; il secondo pensa che squadra che vince non si cambia, e sfodera tutte le armi più emotivamente ricattatorie -ma pensando allo scorso anno si farebbe bene a non sottovalutarlo-; e i terzi dimostrano che una bella voce e una grande professionalità -nel caso di Renga anche un grande passato ormai però troppo remoto- non bastano se la canzone è proprio brutta. Voto: 4
A proposito di apnea: è l’una, inizia a mancare il fiato. Certo non fa bene alla salute infilare un’altra doppietta letale. Ci sono Gazzelle, in quota sensibile e dolce, che a suo tempo creava trend e ora malamente li segue, Tutto qui è debolissima; Bnkr44 arrivano fuori tempo massimo e pensano di essere una boy band anni Zero, perché Governo punk suona male e per quanto sincera è inutile, e ad un certo punto sembrano imbarazzati anche loro di sé stessi. Voto: 2
A breve albeggia, arriva Rose Villain a svegliare un pubblico intorpidito con Click Boom: canta e si muove tra Sanremo e TikTok, vanta una costruzione sonora quantomeno interessante, ma si sente la sua inesperienza e qualcosa cede qua e là. Voto: 6
Dicono che Sanremo 2024 ia apolitico, e l’ha confermato Amadeus in conferenza stampa: poi però canta Bella Ciao e si conferma antifascista (e vedi pure), mentre sempre lui con Fiorello lasciano campo libero ai trattori anche all’Ariston se volessero allargare la loro protesta nel capoluogo ligure.
E poi c’è Dargen D’Amico che porta il classico brano ricattatorio. Perché Onda alta è davvero poca cosa dal punto di vista della struttura, poi canta questo testo, Siamo più dei salvagenti sulla barca / Sta arrivando sta arrivando l’onda alta / Non ci resta che pregare finché passa, e a brano finito lancia l’appello: “ci sono bambini sotto le bombe, senza acqua e senza cibo. Il nostro silenzio è corresponsabilità: cessate il fuoco”. Voto: 5 (per la canzone), 8 (per le intenzioni), media: 6,5
I Santi Francesi sono saltati da X-Factor a Sanremo Giovani e ora a Sanremo, sempre con le stesse caratteristiche (una verve effervescente come un Chinotto andato a male, la puzza sotto il naso di chi si sente già in tasca il Premio Tenco), sempre con la stessa propensione all’anonimato. L’amore in bocca sarebbe anche un bel pezzo, usa bene l’elettronica, ma porta addosso il difetto di chi a esegue, l’anonimato. Voto: 7
L’ultimo allungo prima della fine fa arrivare un Fred De Palma che conferma le nostre tesi di sopra: cassa dritta in 4/4, ad Il cielo non ci vuole non crede neanche lui. Perché dovremmo crederci noi? Voto: 6
La palpebra non regge, la vista si offusca, le note vanno e vengono, sono quasi le due, eh.
Meno male che ci vuole poco a parlare di Maninni con Spettacolare (Voto: 3, sembrava Renga e invece era Nek, ah no, Maninni); e Il Tre, con Fragili, che lascia senza parole, e si prende un altro bel Voto: 3 (sembrava Mr. Rain, e invece era mettiunnomeacaso).
Chiudiamo in bellezza, lo vogliamo dare un premio a questo ragazzo (Alfa) che ha il coraggio di portare per la prima volta a Sanremo una canzone (Vai!) prodotta dall’ intelligenza artificiale? Ah, no perché l’ha scritta un essere umano senziente? Voto: 1
(edit, ecco la classifica parziale della prima serata di Sanremo 2024: 1°, Loredana Bertè; 2°, Angelina Mango; 3°, Annalisa; 4°, Diodato; 5°, Mahmood, una classifica molto lucida ed equilibrata e precisa, perché tiene conto un po’ di tutto, con un occhio alle classifiche di domani e uno alla qualità. Ma freniamo gli entusiasmi, dalla seconda serata arriva il televoto)