NUOVO MISTERO SULLA FAMIGLIA SOUMAHORO: SPUNTANO I MOBILI DEI CASAMONICA

Mobili della famiglia Casamonica nella coop di famiglia Soumahoro: si allarga ulteriormente il “mistero” sulle intricate vicende nate dalle prime indagini della Procura di Latina. Mentre nella giornata di lunedì la moglie-compagna e la suocera di Aboubakar Soumahoro sono state sentite dal gip di Latina in merito all’inchiesta sulla gestione delle coop di accoglienza migranti (Karibu e Consorzio Aid), si apre un potenziale nuovo “mistero” legato ad una delle strutture gestite dalla Karibu di Marie Terese Mukamitsindo, amministravate anche da Liliane Murekatete. Da quanto rivelato da “La Repubblica” in merito ad una vecchia denuncia presentata all’allora Governo Conte-1 (M5s+Lega), all’interno di un garage di un centro migranti gestito dalla coop Karibu – il Cas “Rehema” di Roma – vi sarebbero stati custoditi alcuni mobili del clan della Capitale dei Casamonica.



Il sospetto inquietante venne riferito dopo un sopralluogo dall’allora senatrice Elena Fattori (oggi SI, nel 2019 in maggioranza con i 5Stelle) all’ex sottosegretario agli interni Luigi Gaetti (M5s): la relazione della parlamentare in data 11 marzo 2019 venne inviata dopo il sopralluogo al Cas “Rehema” ma riemerge in queste settimane dopo le accuse e il fascicolo di indagine aperto sulle coop di famiglia Soumahoro. «Mi ricordo della relazione», spiega Gaetti a “Rep” che però non informò di quel documento gli investigatori e a quanto pare il dossier rimase al Viminale, durante il Governo gialloverde. La relazione della Fattori gettava una inquietante luce sulla gestione di quella struttura: veniva infatti citato quanto confessato da una dipendente della struttura, secondo la quale all’epoca la cooperativa Karibu avrebbe pagato circa 10mila euro per un sub-affitto. A chiedere un’ispezione all’allora senatrice grillina sarebbe stata una dipendente del Cas di Aprilia: si appurava infatti che in quell’immobile erano ospitati migranti in condizioni tutt’altro che idilliache.



LA DENUNCIA DI ELENA FATTORI (EX M5S): “LA MOGLIE DI SOUMAHORO DISSE CHE QUEI MOBILI ERANO…”

«Quando all’improvviso si alzò il pavimento e ci fu bisogno dell’intervento dei vigili del fuoco», scriveva Elena Fattori nel documento diffuso da “La Repubblica” come potenziale nuovo “filone” sul caso Soumahoro-Mukamitsindo. La dipendente che si confidò con Fattori spiegava di essere venuta a conoscenza della presenza di alcuni mobili stipati nel garage del Cas romano: «Alla domanda se conoscesse di chi fossero le fu detto che erano della famiglia Casamonica. La responsabile, che in quel momento era in ufficio con loro, disse che ne era a conoscenza», scrive ancora l’esponente di Sinistra Italiana. Nei giorni successivi – sempre stando al racconto della dipendente del Cas – vi fu il sopralluogo nel garage assieme all’avvocato, la segretaria e la stessa moglie di Aboubakar Soumahoro, Liliane Murekatete.



«Andarono a controllare se il mobilio fosse tenuto in sicurezza, bisognava stare attenti perché quei mobili appartenevano a una famiglia importante». Lena Fattori precisò nel dossier presentato al Viminale che la dipendente della struttura «non aveva documenti, foto o qualunque materiale utile a provare la presenza di questi mobili». Nonostante però quanto sospettato, nessuno provò ad indagare per scoprire se davvero i mobili dei Casamonica fossero custoditi nella struttura retta dalla coop dei Soumahoro; e non solo, nessuno cercò di capire se quei mobili fossero frutto di un sequestro in una delle tante proprietà del clan o se invece fossero stati custoditi per un particolare “accordo” in nero.