IL CASO SOUMAHORO ANDRÀ A PROCESSO: RINVIATI A GIUDIZIO I FAMILIARI DEL DEPUTATO

Verrà celebrato il prossimo 11 giugno 2024 il processo sul “caso coop” per la famiglia di Aboubakar Soumahoro: il gip del Tribunale di Latina, Giulia Paolini, ha rinviato a giudizio questo pomeriggio la moglie, la suocera e i cognati del deputato ed ex sindacalista leader dei braccianti. La giudice ha raccolto tutte le richieste del pm Giuseppe Milano che sui familiari di Soumahoro contestava i vari reati imputati, dalla bancarotta alla frode fino all’autoriciclaggio. Sul presunto “sistema fraudolento sulla pelle dei migranti”, formulato dalla Procura di Latina, si arriverà dunque a processo per tutti gli indagati dello scandalo coop “Karibu” e “Consorzio AID”: rinviati a giudizio dunque Liliane Murekatete, moglie del deputato ex Pd, oggi Gruppo Misto, la suocera Marie Therese Mukamitsindo, e i cognati Michel Rukundo e Alime Mutesi.



Nell’udienza preliminare il gup ha ammesso la costituzione in parte civile di una lunga lista di elementi, a cominciare dai Comuni di Sezze, Terracina, Roccasecca di Volsci, Latina, Pontinia, Aprilia, Monte San Biagio e Fondi; parte civile anche il sindacato Uiltuck, 19 lavoratori ed ex dipendenti della coop Karibu e del consorzio AID, il Codacons ma anche il Ministero dell’Interno, attraverso l’Avvocatura dello Stato, il consorzio Agenzia inclusione dei diritti e il commissario liquidatore della Karibu. L’inchiesta è nata sulla gestione dei fondi pubblici erogati alle due cooperative gestite dalla famiglia Soumahoro, il quale però – va ricordato – non è mai stato indagato né coinvolto nelle indagini sulle coop della moglie e della suocera di Aboubakar.



LE ACCUSE A MOGLIE, COGNATI E SUOCERA DI SOUMAHORO: SU COSA PUNTA LA DIFESA

Arrestati ai domiciliari dallo scorso 30 ottobre 2023, i familiari del deputato Aboubakar Soumahoro dovranno difendersi in processo dal prossimo 11 giugno dai reati molto gravi di  bancarotta, frode in pubbliche forniture e autoriciclaggio, all’interno di uno «spregiudicato sistema fraudolento di gestione delle coop», come denunciano gli inquirenti al termine delle indagini. Secondo la tesi accolta dal gip, Murekatete, Mukamitsindo, Rukundo e Mutesi avrebbero distratto fondi che erano stati erogati originariamente per l’accoglienza dei migranti: a tale motivo, il giudice aveva già disposto negli scorsi mesi un sequestro del valore di quasi due milioni di euro alla famiglia del parlamentare.



Secondo quanto poi ricostruito dalla Guardia di Finanza, erano emerse nelle indagini alcune disposizioni bancarie «prive di congrua giustificazione causale e comunque per finalità diverse da quelle alle quali era preposta la Karibu». Come poi era messo per iscritto nell’ordinanza di Latina, le carte di credito delle cooperative dei Soumahoro sarebbero state utilizzate anche per finalità private, che svariavano dai ristoranti alle gioiellerie, dai negozi di cosmetica fino all’abbigliamento e le gioiellerie. La somma totale contestata è sui due milioni di euro che avrebbero dovuto garantire pasti, condizioni igienico sanitarie decenti ai migranti e in generale uno status di vita decente all’interno delle cooperative.

Già in sede di udienza preliminare, la difesa della moglie di Soumahoro – l’avvocato Lorenzo Borrè – ha respinto le accuse di aver utilizzato i fondi pro-migranti delle cooperative per acquistare beni voluttuari: come ha detto la stessa donna davanti al Gip lo scorso novembre (in dichiarazioni spontanee, ndr) «Quegli acquisti non li ho effettuati io, non ho mai avuto in uso carte di credito della cooperativa. Gli unici pagamenti da lei effettuati sono stati gli stipendi, più le spese per acquistare il cibo per gli ospiti della struttura».

IL NUOVO SERVIZIO A “STRISCIA LA NOTIZIA”: “LA MALAVITA TIRAVA DENTRO I RAGAZZI DELLE COOP”

Dopo il rinvio a giudizio dei familiari di Soumahoro, questa sera a “Striscia la Notizia” l’inviato Pinuccio torna nuovamente ad occuparsi della coop Karibu: il collegamento sarà dall’esterno di una villa ad Aprilia (Latina), utilizzata per per l’accoglienza dei migranti e dove tra l’altro pare possano essere custodi alcuni mobili appartenenti al clan dei Casamonica. «Il proprietario aveva dato la struttura in affitto a un noto avvocato della zona, che a sua volta l’aveva subaffittata alla Karibu», racconta un’ex collaboratrice della cooperativa gestita da Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamitsindo.

In un’occasione, l’avvocato disse a questa collaboratrice di fare molta attenzione in quanto «c’erano i mobili dei Casamonica. Io li ho visti. Lo stile era quello, colonne con sopra dei leoni. Cose così». Dopo qualche giorno, la stessa lavoratrice assieme alla moglie di Soumahoro sono scese nel sotterraneo dove il personale aveva stipato il pellet: «anche quella volta l’avvocato disse di fronte a lei che quel materiale non poteva essere stipato lì così, accanto ai mobili dei Casamonica, perché infiammabile». Ancora l’ex collaboratrice della Karibu, al microfono di “Striscia”, sottolineava come Murekatete si presentasse in cooperativa con vestiti firmati quando invece in quella struttura non si sapeva come arrivare a fine mese con i fondi: «La malavita poi tirava dentro anche i ragazzi, prede facili, perché con i soldi che arrivavano dai rimborsi non potevano vivere. A quel punto o vivevi di elemosina o di spaccio», conclude la donna dopo aver spiegato di aver cercato di denunciare quanto accaduto, ma le sarebbe stato proposto – spiega il tg satirico – «di iscriversi al sindacato di Soumahoro».