Il centro profughi gestito dai Soumahoro finisce al centro di un altro caso, quello di Latina, in riferimento al procedimento per sfruttamento del lavoro e capolarato che ha coinvolto tra gli altri Renzo Lovato, il padre dell’imprenditore che aveva lasciato Satnam Singh a casa dopo un incidente sul lavoro per il quale aveva perso un braccio. A svelarlo è La Verità, partendo dall’avviso di chiusura delle indagini ricevuto anche da Kalam Abul, ritenuto il capo dei caporali, e il concittadino Uttam Paul: entrambi sono a processo per un altro caso di caporalato insieme ad altre 16 persone.



I lavoratori sfruttati, sfilati in aula, oltre a confermare le accuse, hanno ricostruito una storia inquietante da cui emerge che venivano reclutati direttamente in alcuni Centri di accoglienza straordinaria (Cas), che dovrebbero essere controllati dalla prefettura. Tra questi Cas che avrebbero “fornito” i braccanti agricoli “schiavizzati” c’è pure la cooperativa Karibu, quella che è stata commissariata due anni fa per le molteplice accuse mosse contro i suoi titolari, i familiari di Aboubakar Soumahoro, che sono a processo al tribunale di Latina.



“GIP CHE NEGÒ CARCERE ALL’AGUZZINO È IL FRATELLO DI SERENA BORTONE”

Dall’ordinanza di due anni fa contro i due caporali emerge che avrebbero usato nei campi agricoli gli ospiti di un centro di accoglienza di Maenza, in località Farsetto, «gestito dalla società cooperativa sociale “Karibu”». Ma si legge anche che durante l’inchiesta furono notati alcuni furgoni che prelevavano diversi ospiti del Cas citato, in base alle indicazioni date dagli imprenditori agricoli delle zone di Sabaudia e San Felice Circeo, poi li riaccompagnavano nel tardo pomeriggio o la sera. Inoltre, ci sono intercettazioni da cui si evince che Abul fa riferimento in più occasioni ai braccianti da prendere a Maenza.



Anche in quelle carte emergono le condizioni degradanti a cui erano sottoposti i braccianti, con gli immigrati che venivano anche stipati sui mezzi di trasporto in numeri nettamente superiori al limite consentito, con un forte rischio per la loro incolumità, senza poi trascurare il particolare delle paghe bassissime. Le indagini avevano portato il pm a chiedere il carcere per Abul e i domiciliari per Paul, il sequestro o il controllo giudiziario dell’azienda nel caso degli imprenditori coinvolti. La Verità aggiunge un altro particolare: il gip che negò il carcere al presunto aguzzino, optando per il divieto di dimora in provincia di Latina, è il fratello della giornalista e conduttrice Serena Bortone.