Mentre per l’Italia resta invariato il rating di Moody’s, la Francia, la seconda economia dell’Ue, è alle prese con i declassamenti di Standard & Poor’s e Fitch Ratings. Le decisioni di queste agenzie, che venerdì hanno tagliato il merito di credito della Francia, gettano acqua sul fuoco sugli sforzi del governo francese per rimettere in ordine le finanze pubbliche. S&P ha abbassato il rating della Francia da AA a AA-, citando come ragioni del declassamento un deficit più ampio del previsto (dovrebbe rimanere superiore al 3% del PIL nel 2027) e la frammentazione politica, pur precisando che le prospettive sono stabili. Il deficit di bilancio francese nel 2023, pari al 5,5% del PIL, è “significativamente più alto di quanto previsto in precedenza“, spiega l’agenzia statunitense. Inoltre, il debito pubblico francese aumenterà a circa il 112% del PIL nel 2027, dal 109% circa del 2023, “contrariamente alle nostre precedenti aspettative“.



Per quanto riguarda la crescita, questa è inferiore alle attese, e ciò è un fattore determinante nella valutazione fatta. Per quanto riguarda la frammentazione politica, Standard & Poor’s esprime il timore che renda difficile per Macron attuare riforme in grado di stimolare la crescita o “affrontare gli squilibri di bilancio“. Invece, Fitch Rating ha rivisto l’IDR Long-term, con cui si misura la probabilità di default e si esprime la capacità della banca di rimborsare gli impegni finanziari a medio lungo termine, da cinque a dieci anni, da stabile a negativo, spiegando che ciò “riflette il fatto che il rapporto di ammortamento del debito è ora superiore a 9x entro il 2028 nel nostro caso di rating. Questo è il risultato delle minori imposte sui trasferimenti di proprietà previste dopo un calo nel 2023 e di un aumento previsto della spesa sociale“.



LE POLITICHE DI MACRON NEL MIRINO

Per il Financial Times il declassamento del rating della Francia è “un colpo alla credibilità di Emmanuel Macron come amministratore dell’economia, un tempo punto di forza della sua presidenza“. Il declassamento potrebbe provocare una significativa ricaduta politica per Macron, anche se probabilmente l’impatto finanziario sarebbe limitato. Questa situazione per il giornale economico evidenzia i limiti della strategia adottata da Macron sin dalla sua elezione nel 2017: tagliare le tasse alle imprese e varare riforme favorevoli alle aziende, con la scommessa che tali misure avrebbero stimolato la crescita a sufficienza per pagare il generoso modello di welfare sociale francese. La disoccupazione è scesa ai livelli più bassi degli ultimi decenni e gli investimenti esteri sono aumentati, ma la spesa del governo è proseguita ed è stata pesante nei servizi pubblici e per le misure eccezionali volte a proteggere le imprese e le famiglie dalle conseguenze della pandemia e della crisi energetica.



Ciò ha ampliato il deficit e ha portato a un aumento del debito nazionale. Se Macron sostiene di poter riportare il deficit al 3% del Pil entro la fine del secondo mandato, gli economisti ritengono che ciò sia altamente improbabile e la nuova previsione di S&P è che il rapporto deficit/PIL si attesterà al 3,5% nel 2027. “Riteniamo che l’economia e le finanze pubbliche francesi nel complesso continueranno a beneficiare delle riforme strutturali attuate nell’ultimo decennio. Tuttavia, senza ulteriori misure di riduzione del deficit di bilancio, le riforme non saranno sufficienti al Paese per raggiungere gli obiettivi di bilancio“, dichiara Standard & Poor’s.

LE MAIRE: “ABBIAMO SALVATO L’ECONOMIA FRANCESE”

Il ministro delle Finanze Bruno Le Maire ha cercato di risparmiare su tutto, tagliando 10 miliardi di euro dopo le riduzioni di altri 10 miliardi a gennaio, ma l’anno prossimo saranno necessari almeno altri 20 miliardi di euro di tagli, il rischio però è di intaccare la crescita. Il governo ha anche insistito sul fatto che non aumenterà le tasse sulle famiglie o sulle imprese, ma i partiti dell’opposizione hanno criticato questa posizione definendola irrealistica, alla luce del buco di bilancio. Nel frattempo, Le Maire si difende a Le Parisien spiegando che il declassamento è arrivato perché “abbiamo salvato l’economia francese“. Infatti, aggiunge: “Questa spesa essenziale ha ovviamente aumentato il nostro debito, ma ci ha anche permesso di salvare le nostre imprese e i nostri posti di lavoro“.

Ma un declassamento del credito rischia di scoraggiare gli investitori e di rendere più difficile il pagamento del debito. Charles-Henri Colombier, direttore dell’istituto economico Rexecode, commenta al Financial Times: “Il declassamento da parte di S&P è legittimo perché, di tutti i Paesi dell’Eurozona, solo due sono rimasti con un rapporto debito/PIL così alto che non fa che peggiorare: Francia e Italia. È un avvertimento per il governo che deve fare di più per tagliare la spesa, non solo cercare di rilanciare la crescita“.