La notizia è di quelle che colpiscono la fantasia. Un subacqueo dilettante ha trovato, il 18 ottobre scorso, uno spadone medievale lungo un metro, semisommerso nella sabbia al largo di Haifa, in Israele. L’arma è completamente ricoperta da conchiglie e probabilmente è proprio questo che ha salvato l’acciaio dalla corrosione dopo un’immersione di nove secoli. La stupenda durlindana sarà accuratamente ripulita e finirà dietro la teca di un museo come è più che giusto.



Fin qui i fatti, davvero scarni in realtà: ma ciò che più stupisce è l’entusiasmo sui social, come se quella spada avesse risvegliato un demone dell’avventura che sonnecchiava nei nostri cuori.

A ciò si aggiunge un altro recentissimo ritrovamento di un antico accampamento crociato a Zippori, a 30 km dal lago di Tiberiade: monte, manufatti, ferri di cavallo. Forse abbandonati dal grande esercito cristiano che andò a cacciarsi nella trappola dei corni di Hattin nel 1187 e venne distrutto per due terzi: una vittoria del Saladino così decisiva da determinare la quasi totale scomparsa del regno cristiano di Gerusalemme anche se poi vi furono altre sei Crociate, più un numero indeterminato di spedizioni minori e la presenza degli occidentali si chiuse solo con la caduta di San Giovanni d’Acri nel 1291.



Viene da chiedersi perché il fascino delle crociate e del medioevo (cioè quel caotico millennio tra l’antichità e la modernità che ha fatto il mondo in cui viviamo) sia sempre vivo e commuova ed esalti. Solo emozione? Può darsi. ma questo è solo il sintomo di qualcosa di più profondo. E per capire cosa commuove in quella spada ricoperta di conchiglie è nostro dovere cercare di guardarla e comprenderne la fattura e i costi per poi trarre le dovute conseguenze.

Uno spadone a due mani era un oggetto di costo elevato, per la cui lavorazione era necessaria una temperatura di 900° (quanta legna se ne andava in fumo!) e ore di lavoro accurato. In epoca carolingia, prendendo una mucca come unità di misura, l’equipaggiamento completo di un cavaliere costava intorno alle 45 mucche, laddove un proprietario terriero era considerato benestante se ne possedeva cinquanta. Una lista della spesa poteva essere così formulata al “centro commerciale del cavaliere”: elmetto, 6 mucche; una corazza a maglie di ferro, 12; spada e fodero, 7; schinieri, 6; lancia e scudo 2; e infine un robusto cavallo da guerra che, da solo, valeva altre 12 mucche.



Ora, una simile panoplia non poteva essere affidata a una recluta qualsiasi: era necessario che il cavaliere fosse così ben piantato da portarsi addosso quel peso e ben addestrato a colpire con fendenti mortali e profondi. Ci voleva un fisico bestiale, ben allenato, una testa sempre pronta, educata a una disciplina ferrea e un cuore impavido perché la superiorità tecnica del cavaliere europeo era necessaria per affrontare una prevedibile superiorità numerica avversaria. Così possiamo immaginare l’uomo che teneva lo spadone di Haifa come un Jason Momoa pronto a morire lontano da casa mentre avrebbe potuto benissimo restare in patria. Per cosa? Per difendere i Luoghi Santi. Perché, per affrontare la morte così frequente bisogna amare la Vita, in particolare quella Eterna, amando con tutto noi stessi chi è morto e risorto, distruggendo la Morte.

E qui, certamente si dirà che le crociate sono state un esempio di colonialismo ante litteram. In realtà non vi furono mai più di 50.000 anime di cristiani d’Occidente in Terra Santa. Chi andava a Gerusalemme, con un pellegrinaggio che prevedeva la morte per malattia, naufragio o per mano di beduini come relativamente probabile, non vedeva l’ora di tornarsene a casa. Per cui il passagium era tutto per la gloria di Dio, a meno che non si trattasse di monaci guerrieri appartenenti ad ordini monastico-cavallereschi come i templari, gli ospitalieri, i teutonici e molti altri.

Perché in questo caso, invece, avevamo il primo esempio di triangolo economico capitalista con impiego del plusvalore, sette secoli prima di Marx. Più o meno funzionava così: i templari, ad esempio, proteggevano un pellegrino dai predoni; il pellegrino ricompensava i templari con lasciti ereditari in liquidità o terreni; i templari sfruttavano queste risorse economiche producendo beni che venivano commerciati (costruzione di una flotta); il commercio fruttava plusvalore che veniva investito arruolando nuovo personale che proteggeva i pellegrini e così via: ci dispiace per Max Weber, ma i templari sono arrivati prima dei calvinisti.

Per quanto possa sembrare strano in epoca di cancel culture, i cristiani d’Outremer guerreggiavano sì coi propri vicini musulmani, ma erano altresì pronti a fare la pace; ben diversamente, i cristiani d’Occidente che arrivavano in Palestina con l’ambizione di spaccare teste senza guardar troppo per il sottile. E così le milizie permanenti, come gli ordini monastico-cavallereschi o i laici d’Outremer erano quelli che, per forza di cose, trattavano di più con ebrei e musulmani, apprendendo il loro sapere e creando edifici e strutture ancora oggi mirabili.

Chi vada ad Akko, l’antica San Giovanni d’Acri, non potrà negarsi l’ebbrezza di percorrere il tunnel che collegava la fortezza dei templari al porto: e chi conosca la storia dell’ultima resistenza di quella fortezza nel 1291 proverà un brivido guardando le fondamenta semisommerse della rocca dei templari dall’acqua cristallina del Mediterraneo. Più in là la Torre delle Mosche, la Torre Maledetta, il quartiere dei pisani, dove le repubbliche marinare italiane, avide e litigiose esercitavano commercio e talassocrazia senza scrupoli. Per Leopardi “un luogo è bello quando suscita rimembranza” e Akko “rimembra” moltissimo a chi ne conosca la storia straordinaria.

Siamo partiti da una spada, pesante e ben bilanciata, ripercorrendo la sua storia, risalendo attraverso il pugno che la brandiva al braccio possente di chi era stato destinato a quella vita, per nascita o per scelta, per poi contemplare un mondo intero, complesso e contraddittorio come il nostro. Ma non possiamo avere eccessive nostalgie di quel mondo, perché ci è stato dato vivere in questo, grazie al Cielo, con la penicillina e gli anestetici. Questo è il nostro evo: e, come disse il Grigio Pellegrino, “possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso”.

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