Uno dei gialli relativi ai rapporti tra Russia e Italia si intreccia attorno alla collaborazione tra l’Istituto Spallanzani di Roma e l’Istituto Gamaleya. Secondo quanto dichiarato dal direttore generale Francesco Vaia è stato condotto uno studio di laboratorio su sieri di soggetti vaccinati in Russia col vaccino Sputnik V, importati regolarmente secondo le procedure previste dal ministero della Salute, per valutare l’effetto neutralizzante in vitro contro la variante Omicron. Vaia ha evidenziato che lo studio è costato poche migliaia di euro. Ma alla Stampa risulta che le tre ricercatrici russe coinvolte erano già state allo Spallanzani nell’estate 2021, quando ancora Omicron non c’era, per test sui ceppi Delta e Alfa. Dei risultati di queste ricerche comunque non si sa nulla.



Andrea Antinori, direttore del dipartimento clinico, in tv nell’ottobre scorso ammise che furono condotte prove di neutralizzazione del ceppo Delta, da cui emerse che lo Sputnik aveva un’efficacia dell’82% contro l’88% di Pfizer. Ma non vi è riscontro di questa attività: né articoli, né pre-print o presentazioni. E le tre ricercatrici russe non sono più tornate, ma rimpiazzate. Jacopo Iacoboni sulla Stampa spiega anche che da San Pietroburgo arriveranno tre ricercatrici diverse.



IL MISTERO SULLA COLLABORAZIONE CON I RUSSI

Non è chiaro perché l’Istituto Spallanzani abbia continuato a condurre test sull’efficacia del vaccino russo Sputnik V anche nel dicembre scorso, visto che era ormai noto che l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) non lo avrebbe autorizzato. Intanto alle domande presentate dal collega non sono state fornite risposte. Il direttore scientifico Enrico Girardi però ribadisce che “la collaborazione è stata di natura puramente scientifica, del tutto scevra da qualsiasi considerazione di natura politica o di altra natura“. Eppure, nel Memorandum firmato da Spallanzani, assessorato alla Sanità della Regione Lazio, Istituto Gamaleya e Fondo russo, chiarisce la Stampa, si legge che i test sarebbero stati condotti in vista della “integrazione di Sputnik V nella campagna vaccinale italiana“. Ma tale questione è di competenza governativa. Qualcosa non torna, anche alla luce delle dichiarazioni del ministro della Salute Roberto Speranza, secondo cui quell’accordo “rientra tra le iniziative autonome di collaborazione internazionale dei nostri istituti di ricerca, ed è stato comunque sospeso“. Ma l’assessore alla sanità regionale Alessio D’Amato nel marzo 2021 sollecitava l’Ema all’autorizzazione del vaccino russo.



L’ESODIO DI RICERCATORI DALLO SPALLANZANI

L’Istituto Spallanzani assicura che questa collaborazione non ha comportato il trasferimento di dati personali ai russi, i quali hanno usato i ceppi virali dell’Istituto. Eppure le sequenze dei virus isolati sono caricate su database internazionali, che sono pubblicamente disponibili, infatti Pfizer e Moderna hanno sviluppato i loro vaccini sulla base della sequenza del virus di Wuhan caricato su Gisaid nel gennaio 2020. Invece i russi hanno sequenziato il virus contratto da un russo ammalatosi in Italia. Jacopo Iacoboni mette in luce anche il fatto che dopo la nomina di Francesco Vaia a direttore generale facente funzione c’è stato un esodo dall’Istituto Spallanzani di dirigenti, ricercatori e personale in posizione di vertice. Si tratta di Marta Branca (direttore generale), Giuseppe Ippolito (direttore scientifico), Roberto Noto (direttore amministrativo), Nicola Petrosillo (responsabile del dipartimento clinico), Maria Rosaria Capobianchi (responsabile del dipartimento preclinico e direttore del laboratorio di virologia), Antonino di Caro (responsabile del laboratorio di microbiologia), Roberta Nardacci (responsabile della microscopia elettronica), Alessia de Angelis (responsabile degli infermieri) e Concetta Castilletti (responsabile dell’Unità Virus emergenti). Quest’ultima con Capobianchi e Colavita aveva isolato il coronavirus nel gennaio 2020. Ma la Stampa ha anche rivelato che funzionari di stato russi offrirono 250mila euro ad un dirigente dell’Istituto, che avrebbe rifiutato tale offerta. “Per quanto mi risulta, attraverso le informazioni acquisite, non fu sporta alcuna denuncia. Ove emergessero elementi anche di solo sospetto, non esiterei ad intraprendere tutte le azioni legali a tutela dell’Istituto“, assicura Vaia.