GIALLO SULLA VISITA DEI RICERCATORI RUSSI ALLO SPALLANZANI

Il “giallo” sulla missione umanitaria inviata dalla Russia in Italia nel marzo 2020 si espande ulteriormente: dopo la relazione dell’ex Premier Giuseppe Conte al Copasir ora le attenzioni della stampa si concentrano su quanto avvenuto un anno dopo, nell’aprile 2021, quando cioè i ricercatori dell’istituto Gamaleya di Mosca vennero a visitare l’Istituto Spallanzani di Roma, il centro di eccellenza italiano sulle ricerche epidemiologiche.



Come rivela l’articolo odierno di “La Repubblica”, in quella visita i ricercatori russi potrebbero aver avuto accesso ai database dello Spallanzani, non solo alle cartelle cliniche dei pazienti Covid (per sviluppare il vaccino Sputnik, come avevano dichiarato) ma anche alla banca dati dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive che contiene pure le ricerche Nato sui sieri da utilizzare in caso di armi batteriologiche. Secondo il quotidiano romano, sarà molto difficile ottenere una risposta certa su quali siano state le vere intenzioni dei russi in quella visita-accordo con lo Spallanzani, in quanto «non ci sono registri di accesso, non c’è alcuna corrispondenza ufficiale, non ci sono relazioni sul lavoro svolto dai russi in Italia». Nell’accordo siglato un anno fa lo Spallanzani si impegnava a uno scambio di materiale biologico con Gamaleya, nel quadro di un accordo in cui l’Italia dove condividere i dati sui pazienti mentre da Mosca ci davano i risultati sul vaccino Sputnik.



VAIA (SPALLANZANI): “ECCO COME ANDÓ…”

Raggiunto da “La Repubblica” replica punto su punto il direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia: «Per quanto ci riguarda il rischio di trasferimento di dati sensibili è pari a zero». Il quotidiano romano replica di non credere con così assoluta certezza al parere di Vaia, il quale però contrattacca fornendo la sua versione dei fatti: «tutte le nostre azioni sono sempre state portate all’attenzione delle Autorità di Governo e di Sicurezza competenti». Alcune fonti di “Rep” hanno riportato del personale dello Spallanzani avvicinato dai russi con anche proposte di denaro per accedere a dati più sensibili: «Per quanto mi risulta, attraverso le informazioni acquisite, non fu sporta alcuna denuncia. Ho informato su questo l’Autorità Giudiziaria e ove emergessero elementi anche di solo sospetto, non esiterei ad intraprendere tutte le azioni legali a tutela dell’Istituto». Replicando in ultima analisi all’accusa di non aver impedito la possibilità che i ricercatori russi potessero raggiungere dati sensibili Nato, il direttore sanitario dello Spallanzani sentenzia: «tutte le attività di ricerca di questo Istituto che implicano collaborazioni internazionali, sono sempre state condotte informando le competenti autorità di governo e in totale sintonia con le autorità di sicurezza nazionale. L’incontro cui si fa riferimento non fu un incontro privato con l’ambasciatore russo ma un incontro pubblico, aperto ai giornalisti, diffuso anche su canali social, a cui erano stati invitati esponenti delle Università milanesi e dell’altro Istituto di Malattie Infettive di rilevo nazionale, l’Ospedale Sacco, rappresentanti di Governo per il Ministero della salute, dell’Istituto Superiore di Sanità, della Croce Rossa e dell’industria biotecnologica italiana».

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