Che sia la vecchia Urss o la moderna Russia, una cosa di sicuro non cambia mai, ci ha detto Stefano Piazza, esperto di terrorismo e sicurezza: “Il problema con i russi è che non si sa mai cosa è successo veramente”. Al momento di scrivere queste righe, ci sono due versioni su quanto accaduto ieri nel tardo pomeriggio a Mosca, nel cuore della capitale, davanti al simbolo della Russia sovietica, il palazzo che ospitava il Kgb, i servizi segreti, per i quali lavorava lo stesso Putin, oggi sede del Fsb, i servizi segreti dell’attuale Russia. Le ricostruzioni sarebbero due: un gruppo armato di Kalashnikov composto da tre uomini sarebbe entrato nel palazzo facendo fuoco e uccidendo tre agenti. I tre attentatori sarebbero immediatamente scappati, ma due di loro sarebbero stati uccisi, mentre il terzo ha cercato di nascondersi in un edificio lì vicino per poi essere ammazzato anche lui. La seconda ricostruzione parla invece di una sparatoria cominciata nella piazza e di una sola persona, eliminata prontamente dopo aver ucciso un vigile urbano. “Le ipotesi su quanto accaduto possono essere infinite” ci ha detto Piazza “perché va tenuto conto di alcuni elementi. Il primo è che proprio ieri doveva andare in onda il messaggio di fine anno di Putin, quindi colpire in una giornata così assume subito un valore simbolico: colpire metaforicamente Putin”.



OBIETTIVO MIRATO, DA LENIN A PUTIN

Ma ieri era anche l’anniversario della fondazione della Ceka, la polizia segreta creata da Lenin nel 1917, diventata poi il Kgb e oggi Fsb: “Quindi è stato scelto un obbiettivo preciso, mirato, non il solito attentato casuale in mezzo alla folla. Che sia Lenin o Putin, si è voluto colpire il cuore della Russia. L’Fsb è un’organizzazione potentissima, che tiene sotto controllo esattamente come faceva il Kgb l’intera società russa, con infiltrati ovunque, nelle aziende e nella politica. Molti manager russi escono da lì e Putin, sebbene fosse di servizio nella Germania Est, era un uomo del Kgb”. Ieri nel palazzo, che oltretutto si trova a circa dieci minuti a piedi dal Cremlino, si teneva un ricevimento proprio in occasione della fondazione della Ceka, come dice l’agenzia di stampa Rbk: “È probabile che si volesse fare una strage in quel luogo di agenti e loro familiari”. Questo, spiega Stefano Piazza, ci dà degli elementi precisi: “Va tenuto conto che Putin ha tantissimi nemici, compresi membri della criminalità organizzata, ma soprattutto nemici irriducibili come i jihadisti dell’emirato del Caucaso che sono spesso ceceni. Ci sono poi decine se non centinaia di foreign fighter partiti della ex repubbliche sovietiche, oggi islamiche e rientrati. È possibile che qualcuno di loro abbia messo in atto l’attacco, per vendicare il ruolo della Russia in Siria, che di fatto ha sconfitto e distrutto lo stato islamico”. Secondo Piazza è questa la pista più plausibile, in attesa che venga rivelata l’identità degli attentatori o dell’attentatore: “Per le modalità dell’attentato propenderei per la pista classica dell’estremismo di matrice islamista. Non dimentichiamoci che in Russia solo quest’anno, il 2019, le forze speciali hanno sventato almeno 30 attentati di carattere jhadista”.

Leggi anche

LE MANOVRE DI BIDEN/ C’è un establishment che vuole ancora regolare i conti con la RussiaDIARIO ARGENTINA/ Le promesse e le crisi che accomunano Milei e Meloni