Si fa chiamare Spartaco sui campi di battaglia del Donbass, ma nella provincia di Brescia resta sempre Massimiliano Cavalleri, quel giovane che nel 2014 abbandonò il suo paesino e il lavoro da carpentiere per unirsi alle milizie filo russe nel Donetsk. Da allora non ha mai smesso di combattere né ha mai dimenticato la prima ferita, riportata durante un combattimento all’aeroporto di Donetsk. «Eravamo in nove e ad un tratto ci siamo ritrovati circondati dai blindati e dalle truppe ucraine. Sparavamo con tutto quel che avevamo, ma la situazione era disperata. Poi è arrivato quel colpo e ho visto tutto nero. Non so se fosse il colpo di un blindato o di un mortaio. Quando ho ripreso i sensi perdevo tanto sangue e due miei compagni erano morti. Lì per lì ho creduto di morire anch’io», ha raccontato a Il Giornale.



Dopo esser stato medicato, Spartaco è tornato a combattere per la causa che ritiene giusta. «Ho lasciato l’Italia e l’Europa perché non mi ritrovavo più nel nostro modello di vita. Volevo combattere per una causa che sentivo mia. Volevo sentirmi più libero. Qui ho trovato quel che cercavo. Qui mi sono sposato e ho avuto due figli. Qui continuo a combattere». In Italia però Massimiliano Cavalleri è sotto inchiesta. A tal proposito, nell’intervista rilasciata spiega di non essere un mercenario, perché lui non combatte per soldi: «Non m’ha mai pagato nessuno. Son venuto da volontario e ancora oggi ho una paga da soldato».



“ANCHE UCRAINA FA A PEZZI BAMBINI…”

La scelta di Massimiliano Cavalleri non è stata dettata neppure da fede politica, si tratta di una decisione che definisce «umana». Quindi, Spartaco prende le distanze da chi lo accusa di essere fascista, comunista o separatista: «Mi sono lasciato alle spalle un’Europa che non mi piaceva e mi batto per un posto in cui mi sento a casa». Quando gli vengono fatte notare le stragi e le violazioni dei diritti umani di cui vengono accusati i russi, Spartaco replica: «Qui sono morte fatte a pezzi una quindicina di persone innocenti tra cui due bambini, ma voi in Europa non ne avete manco parlato. Scrivete solo quel che vi raccontano gli ucraini. Io combatto per metter fine a tutto questo. Non voglio più vedere morti ignorati. E voglio che torni la pace». Ma si è schierato dalla parte della Russia anche per quei giudizi basati su due pesi e due misure: «Si è vero combatto, ma non me ne vergogno perché penso di combattere per la causa giusta. Voi giornalisti chiamate mercenari gli stranieri che stanno da queste parte, ma elogiate come combattenti per la libertà quelli che sparano e uccidono nel nome di Zelensky».



Per quanto riguarda gli scenari della guerra, Spartaco ritiene che la fine non sia vicina, così pure la sconfitta per la Russia. «Non appena i russi si decideranno a far la guerra sul serio, riserveranno molte sorprese». A tal proposito, Spartaco sottolinea a Il Giornale che la Russia starebbe combattendo con gli stessi soldati mandati a febbraio, mentre gli ucraini «combattono con un esercito che viene continuamente rinnovato con reclute addestrate dalla Nato, rifornito di armi e mezzi e guidato dalle vostre intelligence. Senza contare le migliaia di contractor spacciati per volontari mandati a guidare le ultime offensive». Infine, riguardo il suo coinvolgimento, Massimo Cavalleri non riesce a fare previsioni, ma di una cosa è certo: combatterà «fino alla fine. Fino alla pace. Sempre che non muoia prima».