Storie di malavita e di buona vita. Cadute e ripartenze. Sbagli commessi e riparazioni tentate. Promesse e tradimenti. C’era tutto questo nei racconti ascoltati il 10 febbraio al Teatro Dal Verme di Milano dai ragazzi di Kayros, la comunità che offre una seconda possibilità (e anche una terza) ai giovani protagonisti di vite spericolate e accolti a Vimodrone, periferia milanese. Giovani che hanno alle spalle esistenze difficili, famiglie precarie, padri mancati, percorsi scolastici abbandonati, periferie degradate ed esplosive.
Ammaliati dal fascino del guadagno facile, dall’ultimo modello delle Nike e degli iPhone, dalla tentazione di esibire le loro imprese per guadagnarsi l’ammirazione malata dei coetanei. Consapevoli di avere sbagliato ma abitati dal rancore di chi ha dovuto misurarsi con i dolori dell’esistenza.
“Spavaldi e fragili”, come recita il titolo della serata intensa, travolgente e commovente che hanno regalato ai 1.300 che hanno gremito il Dal Verme, dove la musica classica eseguita dai professori dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali è risuonata insieme al rap dirompente di Kayros Music, l’etichetta nata nella comunità di don Claudio Burgio, compagno di cammino e padre di questi giovani pericolanti.
In quelle canzoni, dietro l’ostentazione di una sicurezza che li fa apparire più grandi della loro età, si nasconde la fragilità di chi fa i conti con contesti sociali in cui al degrado urbano e umano si unisce la mancanza di modelli positivi ai quali guardare. Ma quando incontrano persone disponibili a scoprire la loro umanità in tempesta e a valorizzare i talenti di cui sono portatori, la vita può prendere una direzione nuova, può accadere un nuovo inizio.
L’hanno testimoniato, questo nuovo inizio, ancora popolato di contraddizioni eppure presente nel loro cuore inquieto. Un cuore abitato dal desiderio del bene, che si manifesta incontrando altre vite fragili: a cantare sul palco, insieme a due ragazzi di Kayros, sono saliti due giovani con disabilità dell’Associazione Cura e Riabilitazione, che dalle loro carrozzine hanno raccontato l’incontro sorprendente tra due mondi abitati dalla fragilità, capaci di abbracciarsi e di trascinare il pubblico in un incontenibile applauso.
Cinque le parole chiave che hanno fatto da filo conduttore della serata. Famiglia, quella di cui molti si sentono orfani e che in fondo tutti desiderano. Viaggio, quello che tanti minori stranieri non accompagnati hanno affrontato per terra e per mare in cerca di fortuna. Strada, l’ambiente in cui si dipana molta parte della loro esistenza. Fragilità, quella che si nasconde dietro la spavalderia ostentata.
Perdono, quello che il figliol prodigo riceve dal padre senza averlo meritato. Perdono gratuito e inaspettato, come quello che mamma Carolina ha offerto al giovane che aveva ucciso suo figlio, affinché il dolore che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita a causa del delitto commesso potesse trovare un abbraccio misericordioso che lo accogliesse. “Il perdono genera speranza”, recita l’ultimo cartello proiettato in sala. Piangono in molti, davanti al racconto struggente di mamma Carolina, che riceve l’abbraccio dei ragazzi di Kayros.
Piange anche chi scrive queste righe, pensando che affinché il male non si impadronisca dei cuori di tanti giovani (e dei nostri stessi cuori) serve una misura alta della giustizia. Una giustizia che non può limitarsi a punire chi ha infranto le regole. Deve fare di più, come scandisce Marta Cartabia, che della Giustizia è stata ministra: “Il reato fa male, perciò la giustizia deve curare”.
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