Una minaccia per il loro nuovo ambiente: sarebbe questo il ruolo delle specie esotiche, invasive nell’erosione della biodiversità. Nel 2019, la piattaforma scientifica intergovernativa IPBES (*) ha messo in guardia sui rischi: quattro anni dopo, a Bonn (Germania), i 143 Stati membri hanno appena adottato il primo rapporto riguardo questo problema. Questo documento stima che 37.000 specie siano state spostate dal loro habitat originario a causa delle attività umane, come spiega Le Figaro. Tra questi, più di 3.500 sono identificate come “invasive” e “dannose”.



Approfittando dell’assenza di nemici naturali, come parassiti o predatori, queste piante o animali hanno preso il sopravvento nel loro nuovo ecosistema. Presenti in tutto il mondo, compresa l’Antartide, “possono causare danni irreversibili alla natura, compresa l’estinzione delle specie, così come minacciano il benessere umano”, sottolinea Hélène Roy, copresidente della valutazione dell’IPBES. Il rapporto è arrivato su richiesta dei governi da 86 esperti di tutto il mondo, che hanno analizzato 13.000 articoli scientifici e contributi delle popolazioni indigene. Secondo il documento, le specie esotiche sono coinvolte nel 60% delle estinzioni animali e vegetali documentate.



Le specie esotiche minacciano gli ecosistemi

In Australia, i gatti selvatici e le volpi rosse portati dai coloni britannici hanno contribuito alla virtuale scomparsa del bilby, un piccolo marsupiale dalle lunghe orecchie come un coniglio. Così come nel Lago Vittoria, in Africa, l’introduzione del pesce persico carnivoro del Nilo negli anni ’50 ha portato alla rapida estinzione di almeno 200 specie uniche di pesci, sconvolgendo un ecosistema e indebolendo un’intera economia tradizionale, tra cui la pesca. Il ratto nero avrebbe invece portato alla scomparsa di una cinquantina di specie di uccelli.



Il tasso di introduzione e le minacce legate alle specie invasive stanno aumentando, come sottolineato nel report dall’IPBES, che attribuisce questa dinamica alla crescita demografica, spiega Le Figaro. Franck Courchamp, direttore della ricerca del CNRS, spiega che “questa stima rappresenta solo la punta dell’iceberg, perché la ricerca è ancora incompleta e non disponiamo di informazioni quantificate per la maggior parte delle specie”. La maggior parte delle specie esotiche attraversano accidentalmente gli oceani (zanzare nascoste nei pneumatici, formiche nelle piante ecc.) mentre alcune vengono importate volontariamente. “La biodiversità è resiliente”, spiega Franck Courchamp, “ed è ancora possibile tornare indietro nel tempo se accettiamo di agire rapidamente e darci i mezzi”.