COSA SUCCEDE DOPO IL 31 MARZO: PARLA SPERANZA
Sono passati 2 anni dal “paziente zero” di Codogno (che solo dopo molti mesi risultò non essere affatto il primo caso di Covid in Italia, dato che prove ve ne sono già da almeno il novembre 2019, ndr) e soprattutto sono passati due anni dalle prime ordinanze firmate dal Ministro della Salute Roberto Speranza che iniziarono a “chiudere” l’Italia.
Poco dopo ci pensò il Premier Giuseppe Conte a ridurre l’intera Italia in lockdown, primo Paese in Ue: a ruota seguirono tutti gli altri in quella carrellata di fatti, angosce e situazioni che tutti noi ben conosciamo. Oggi a “La Repubblica” è lo stesso titolare della Salute, “sopravvissuto” politicamente alla caduta del Governo Conte-2, a ricordare quei giorni ma sopratutto a dare l’impressione che si possa concludere quantomeno il periodo di “stato d’emergenza” in atto da 24 mesi ininterrotti: «Il mio è un messaggio di fiducia: se la tendenza di riduzione della curva continua, lavoreremo nelle prossime settimane per superare lo stato d’emergenza. Ma il Covid non prende l’aereo e va via il 31 marzo. Possiamo decidere formalmente di superare l’emergenza, penso che ci possano essere le condizioni per farlo, ma alcune cose dovremo conservarle». In primis il Green Pass rimarrà, «è un pezzo fondamentale della nostra strategia», osserva Speranza; in secondo luogo, «Le mascherine al chiuso sono ancora importanti: non riesco a vedere un momento X in cui il virus non esiste più e cancelliamo insieme tutti gli strumenti».
“LOCKDOWN, LA ROMA E IL FUTURO POST-COVID”
Due anni fa, il 20 febbraio 2020, Roberto Speranza guardava Roma-Gent di Europa League alla tv quando ricevette la telefonata dell’allora assessore alla Sanità Lombardia Gallera per comunicargli il primo caso Covid a Codogno: poche ore dopo, il primo morto a Vo’ Euganeo. È l’inizio della fine, la fine della normalità per una vita sconquassata dall’emergenza Covid e dalle restrizioni relative: quella normalità non sembra ancora essere giunta al suo punto di ritorno, viste le parole del Ministro «ho voglia anch’io di mettermi alle spalle questa stagione, come dice Draghi. Siamo dentro un percorso e dobbiamo continuarlo, ma tenendo i piedi per terra. Sappiamo che con il 91% di over 12 vaccinati e la variante Omicron c’è un contesto diverso. Ma serve gradualità». Il 2022 per Roberto Speranza è comunque l’anno cruciale per capire se e come si potrà tornare alla normalità: «Sono ottimista, ma la partita non è chiusa. Tra pochi mesi, un pezzo di mondo entrerà nell’autunno: osservandoli, capiremo cosa ci aspetta. A marzo parte la quarta dose per gli immuno compromessi, ma dovremo valutare il richiamo per tutti dopo l’estate. È da considerare probabile, perché il virus non stringe la mano e se ne va per sempre. Purtroppo». In merito alla scelta del lockdown, Speranza non cambia idea: «Inevitabile il lockdown, con il senno del poi? Lo era. Molti hanno cambiato linea dieci volte: apriamo, chiudiamo, vacciniamo, anzi no. Io ne ho sempre avuto una sola: l’evidenza scientifica. La storia ci ha detto che non c’era alternativa al lockdown». Infine la risposta alla domanda delle domande, ovvero perché l’Italia non era preparata con un piano pandemico all’altezza: Speranza a “Rep” si difende così, «impreparati a sciagura? Ma chi lo era al mondo? Nessuno – neanche noi – aveva un manuale d’istruzione. Per l’Italia penso che il punto sia stato uno: affrontiamo da sempre grandi calamità naturali come terremoti e alluvioni, ma non avevamo tradizione per gestione di un’emergenza sanitaria di lunga durata come questa».