Dopo quello sul piano pandemico, in Italia rischia di scoppiare un altro caso che coinvolge il ministero della Salute. Riguarda la task force voluta dal ministro Roberto Speranza per l’emergenza Covid. Era il 22 gennaio quando il Paese fu informato riguardo la costituzione di una task force di esperti di primo piano. L’annuncio venne fatto con un comunicato presente ancora sul sito del ministero. Quella task force si riunì per la prima volta quel giorno, presso l’Ufficio di Gabinetto, e le fu affidato il compito di «coordinare ogni iniziativa relativa al fenomeno coronavirus 2019-nCoV». Era il primo fronte per combattere l’epidemia. Un fronte solido se pensiamo che sono stati coinvolti Direzione generale per la Prevenzione, altre direzioni competenti, carabinieri dei Nas, Istituto superiore di sanità (Iss), Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera), Agenzia italiana del farmaco, Agenas e pure un consigliere diplomatico.
ROBERTO SPERANZA E IL MISTERO DELLA TASK FORCE
Un dispiegamento di forze impressionante che però non ha prodotto i risultati sperati se pensiamo che l’Italia è stata travolta dalla prima ondata dell’epidemia Covid. Eppure, in quel documento si leggeva anche che «nella prima riunione è stato verificato che le strutture sanitarie competenti sono adeguatamente allertate a fronteggiare la situazione in strettissimo contatto con l’Organizzazione mondiale della sanità e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie». La prima ondata però è storia: sappiamo bene che le strutture sanitarie non erano così pronte come si diceva e che il sistema sanitario non era preparato all’impatto. Qualcosa è andato storto. Forse con un piano pandemico sarebbe stato possibile porre almeno un argine, ma non è possibile stabilirlo con certezza, visto che l’ultimo risale al 2006 ed è peraltro oggetto di un vero e proprio caso. Possibile che quella task force non si sia resa conto delle lacune nel sistema sanitario nazionale? Come hanno fatto a stabilire che fossimo pronti senza un piano pandemico aggiornato e con dati confusi dalle regioni?
TASK FORCE DOVEVA COORDINARE RISPOSTA PANDEMIA COVID MA…
Due esponenti di Fratelli d’Italia, nello specifico Galeazzo Bignami e Marcello Gemmato, hanno chiesto chiarimenti sull’operato di tale task force. A La Verità hanno raccontato che inizialmente non hanno ricevuto alcuna risposta, poi hanno inoltrato nuovamente la richiesta segnalando che se non avessero ricevuto risposta entro 5 giorni si sarebbero recati in Procura. «A quel punto si sono svegliati e il direttore delle Malattie trasmissibili e profilassi internazionali, Francesco Maraglino, ci ha detto che non aveva nulla», ha dichiarato Galeazzo Bignami al quotidiano. Ha pure spiegato che si tratta del funzionario che non partecipò alla riunione convocata il 15 gennaio dal Centro europeo di prevenzione e controllo per le malattie infettive dove si doveva redigere un piano comune di misure per contenere la diffusione del coronavirus in Europa. «Volete sapere perché non partecipò? Perché, sempre secondo queste fonti, non aprì la mail. E sapete dove è oggi? Non solo è ancora ai vertici del ministero, ma è stato anche cooptato nel Cts».
Francesco Maraglino, secondo quanto ricostruito dall’esponente di Fratelli d’Italia, ha girato la richiesta di informazioni al capo di gabinetto del ministro della Salute Roberto Speranza. La risposta, arrivata dopo due settimane, è stata sorprendente: i verbali della task force non possono essere pubblicati, perché la sua attività «si è caratterizzata nel consistere in un tavolo di consultazione informale del ministro della Salute, tanto è vero che nemmeno sussiste un decreto ministeriale istitutivo o altro atto regolamentare […] che ne disciplini formalmente l’attività, i tempi e modalità di procedimento». Quindi, secondo il ministero tale task force avrebbe fornito solo attività di supporto istruttorio informale. Coloro che dovevano coordinare ogni iniziativa sull’epidemia si ritrovavano in riunioni informali, quindi non si può neppure sapere cosa si siano detti.