Sperimentazione animale, vivisezione e “sofferenza a fini scientifici”, Il quotidiano francese La Croix, in un articolo di approfondimento si interroga sulla questione etica di questa pratica ancora molto diffusa in Europa, interpellando ricercatori e professori che sostengono che ancora “non ci sono abbastanza alternative“, soprattutto per quanto riguarda il campo delle neuroscienze e degli studi sulla cura di alcune malattie umane. In base ai dati statistici pubblicati dal ministero della salute, ogni anno vengono sacrificati, solo in Francia, circa 1,9 milioni di animali appartenenti a diverse specie.



Si tratta soprattutto di roditori (ratti e cavie), pesci, conigli, ma anche scimmie. L’81% riguarda sperimentazione di bassa o media gravità, con interventi eseguiti per accertare terapie non invasive, mentre per un restante 14% si tratta di vivisezione intensa con anestesia generale che non prevede il risveglio dell’animale. Lo scopo primario di questi test è quello eseguito nell’iter di approvazione di nuovi farmaci e vaccini, per certificarne l’efficacia e i vari effetti collaterali. Seguono poi ricerche su alimenti e qualità e sicurezza delle terapie mediche. Resta però attualmente un conflitto morale per molti scienziati, che pur perseguendo un nobile obiettivo di miglioramento della qualità della vita umana, vorrebbero essere attenti anche al benessere animale.



Sperimentazione animale, i protocolli etici contro la sofferenza

Il quotidiano La Croix ha intervistato alcuni neuroscienziati universitari, che lavorano a progetti di ricerca che comprendono la sperimentazione animale. In particolare un dipartimento nel quale viene iniettato nei topi un vettore virale che provoca il Parkinson. Gli esemplari muoiono poco dopo e vengono usati per studiare gli effetti della malattia sul cervello. Una di loro afferma che, nel tempo, è normale anche affezionarsi alle cavie da laboratorio “Si capisce che riconoscono il nostro odore e si abituano alla nostra presenza“, un altro ragazzo dice “li chiamiamo con numeri perchè non ci è permesso dargli un nome“.



Una legge europea del 2013, prevede comitati di bioetica negli atenei per la valutazione degli studi che prevedono la sperimentazione con animali. Questi impongono specifici protocolli per evitare la sofferenza durante le pratiche. Il cambiamento normativo ora si basa sulla tecnica del “sostituire, ridurre e perfezionare“, cioè limitare al minimo l’uso di animali da laboratorio, e quando necessario occorre fare il possibile per evitare la crudeltà somministrando antidolorifici e procedendo con l’eutanasia, se necessario.

Perchè la sperimentazione animale è ancora fondamentale per la ricerca

Il principale problema del non riuscire a ridurre al minimo la sperimentazione animale per quanto riguarda gli studi neurologici, come affermano alcuni scienziati è che attualmente non esiste una valida alternativa. Il presidente del comitato di etica animale e veterinario, Ivan Balansard, ha affermato a La Croix, che “purtroppo c’è un problema morale che riguarda queste pratiche, e i ricercatori spesso vengono condannati dall’opinione pubblica, nonostante il disagio già causato dall’obbligo di dover effettuare tali pratiche e di assistere a sofferenze“.

Specialmente quando si tratta di primati, molto simili all’uomo . Lo stesso professore però ammette “Non induciamo malattie o tumori solo per il gusto di farlo“, questa tecnica è ancora fondamentale per la cura di molte patologie. Basti pensare, aggiunge “ai vaccini Mrna contro il Covid, nati grazie alla sperimentazione sui topi di questi prodotti condotta a partire dagli anni novanta“. E conclude “qualsiasi conflitto etico non deve farci perdere di vista l’obiettivo del merito della ricerca medica