La Dichiarazione di Helsinki è un documento che risale al 1964, pubblicato dall’Associazione Medica Mondiale, per stabilire le linee guida riguardo la sperimentazione clinica e la ricerca scientifica effettuata su esseri umani. A partire da quel momento in ogni sede di test si doveva stabilire il rispetto dello standard etico richiesto. Prima di allora, il predecessore di questi principi era il Codice di Norimberga, nato come reazione contraria alla scoperta degli esperimenti medici fatti dai nazisti sulle persone detenute nei campi di concentramento. Ora la versione finale del documento è stata aggiornata, e rivista ben sette volte, per inserire sempre più norme riguardanti comportamenti corretti di bioetica e soprattutto una maggiore protezione alla privacy e al rispetto degli individui che partecipano.



Negli anni è quindi diventato sostanzialmente un manuale di riferimento per una rigorosità dei trial clinici che coinvolgono direttamente i pazienti, e si sviluppa in 37 paragrafi, all’interno le aggiunte che vanno di pari passo con il progresso scientifico e farmacologico. Ad esempio sono state inserite norme riguardo l’uso del placebo, che precedentemente non era stato previsto, così come le informative sul rapporto rischio beneficio e una revisione delle procedure da parte dei comitati etici.



Revisione della Dichiarazione di Helsinki, inserite nuove norme etiche sulla sperimentazione umana

La revisione della Dichiarazione di Helsinki che stabilisce le procedure etiche per le sperimentazioni sugli esseri umani in campo medico scientifico e di ricerca, è stata condotta varie volte coinvolgendo sempre più istituzioni che tutelano i diritti degli individui. Un dialogo costante che è passato anche attraverso la consultazione di enti religiosi. Come ad esempio il think tank bioetico che si è svolto nei giorni scorsi a Roma con la collaborazione dell’Accademia Pontificia Vaticana.  Una delle questioni principali è stata la corretta gestione di questi test, specialmente nei paesi considerati a basso medio reddito.



Dove c’è maggiore rischio che le procedure possano violare alcuni interessi dei coinvolti. L’intento sarebbe quello di un ulteriore aggiornamento per imporre che i pazienti siano seguiti anche dopo la conclusione della loro partecipazione alla sperimentazione medica. Tuttavia, alcuni sono critici su questo aspetto, perchè sostengono che la dichiarazione deve restare comunque uno standard di procedura, che anche nella completa tutela etica, non dovrebbe comunque sforare l’ambito scientifico per diventare un documento di protezione dei diritti umani e socio politici.