I numeri lasciano poco spazio alle interpretazioni: l’inflazione che non ha risparmiato i beni alimentari al consumo costringe ben il 47% degli italiani a tagliare le quantità di cibo acquistato. E se si considera la fascia di popolazione a basso reddito, la percentuale sale addirittura al 60%. L’indicazione arriva dal primo rapporto Coldiretti/Censis “Gli italiani e il cibo nelle crisi e oltre” presentato in occasione dell’apertura del XX Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione a Roma, alla presenza del presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, del Direttore Generale Censis Massimiliano Valerii e del ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida.



L’analisi lancia un allarme, concreto e documentato, sull’impatto che la crisi economica genera sulle tavole degli italiani, che in misura sempre più significativa si trovano a dover mettere meno cibo nel carrello per far quadrare i bilanci familiari. Ma non solo. La ricerca rileva infatti anche che il 37% dei nostri connazionali ricorre a misure meno drastiche, ma pur sempre improntate a quella tendenza che gli economisti chiamano di trading down, ovvero di limitazione della spesa. Una tendenza che porta pericolosamente a risparmiare sulla qualità. “Le rinunce – sottolineano Coldiretti/Censis – sono dunque socialmente differenziate secondo una logica di ‘food social gap’, con gli adulti e i giovani che tagliano molto più degli anziani, e i bassi redditi più che i benestanti”. E a rendere ancora più preoccupante il quadro, c’è il fatto che le prospettive non paiono troppo confortanti: secondo la survey, infatti, oltre sei italiani su dieci tra coloro che tagliano gli acquisti sono convinti che questa situazione durerà almeno per tutto il 2023.



Va detto però che le rinunce non toccano in modo omogeneo tutti i prodotti del carrello della spesa. Secondo Coldiretti/Censis, a essere più colpiti dalla scure dei consumatori sono infatti gli alcolici, a cui ha dovuto dire addio, del tutto o anche solo parzialmente, il 44% degli italiani. Al secondo posto, i dolci che vengono tagliati in quantità dal 44% dei consumatori, seguiti al terzo dai salumi cui ha rinunciato il 38,7% dei cittadini, subito davanti a pesce (38%) e carne (37%). Ma non è tutto. Il carovita porta addirittura a ridurre anche gli acquisti di alimenti per bambini: ben il 31% degli intervistati dice di acquistarne in misura minore. Va meglio invece per alcuni prodotti base della dieta mediterranea, che hanno limitato i danni: solo il 16% dei consumatori ha operato infatti tagli all’acquisto di frutta, il 12% a quello di verdura e l’11% a quello della pasta.



La fotografia scattata da Coldiretti/Censis non può dunque che allarmare. E questo anche alla luce del fatto che le difficoltà di spesa dei consumatori si riverberano fatalmente sul sistema industriale e produttivo a monte della filiera, sul quale già l’aumento dei costi di produzione colpisce duramente, a partire dalle campagne, dove – avverte Coldiretti – più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, e dove il 34% del comparto si trova comunque costretto a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari. Uno scenario che impone azioni urgenti: “Occorre intervenire subito per contenere i costi di produzione con misure immediate per salvare le aziende agricole e la spesa degli italiani”, dice Prandini.

Dalla tavola alla casa, la parola d’ordine è risparmio

L’indagine di Coldiretti/Censis non si è però fermata alla sola tavola, rilevando che le rinunce degli italiani vanno oltre lo stretto perimetro alimentare. Ben la metà degli intervistati ha infatti ammesso di ridurre o rinunciare all’uso del forno elettrico, il 35% ha tagliato l’utilizzo dei fornelli a gas per contenere i consumi energetici e pagare meno in bolletta. E ancora, il 55% degli italiani ha ridotto anche il ricorso a termosifoni o stufe elettriche, per tenere sotto controllo la spesa per il riscaldamento, il 45% ha contratto l’uso del ferro da stiro, il 33% ha rinunciato all’asciugacapelli, il 38% utilizza in misura minore l’aspirapolvere e il 40% cerca di fare a meno persino della lavatrice. E c’è di più. In un anno che si classifica finora in Italia come l’anno più caldo di sempre, con una temperatura superiore di +1,07 gradi rispetto alla media storica, c’è anche un 47% di italiani che ha rinunciato nel possibile a fare ricorso addirittura al condizionatore.

Strategie di sopravvivenza: rispuntano doggy bag e gavetta

Limitare o tagliare i consumi non rappresenta tuttavia l’unica reazione che gli italiani dimostrano di metter in campo davanti alla crisi. Secondo il rapporto Coldiretti/Censis, infatti, si stanno facendo strada anche altre strategie di sopravvivenza. Ben il 58% degli italiani – dice la survey – ha iniziato a cucinare pietanze utilizzando gli avanzi dei pasti precedenti, allargando così a una fascia importante di popolazione una pratica sino a oggi seguita da quote più ridotte di persone. Una pratica virtuosa perché coniuga la necessità di risparmiare con l’importanza etica di ridurre lo spreco. E non è tutto perché il riutilizzo degli avanzi si sposta dalle mura domestiche all’ufficio, con il 52% dei lavoratori che dichiara di portarsi al lavoro la gavetta con il cibo, magari preparato utilizzando quanto rimasto di pasti precedenti.

Ma sono soprattutto gli “orti di guerra” a coniugare la necessità di risparmiare qualcosa con la volontà di non rinunciare alla qualità senza toccare il portafogli. Il 41% degli italiani dichiara infatti di coltivare frutta, verdura, erbe aromatiche in casa sul balcone, negli orti urbani o in piccoli orti di proprietà, con una spinta che viene soprattutto dai più giovani e dagli anziani. In molti casi si tratta di micro-coltivazioni che vanno dagli ortaggi agli agrumi come i limoni o, addirittura a vasi di basilico e altre essenze, ma rappresentano comunque un segnale del ritorno di attenzione per l’origine del cibo, con cui ottenere qualche piccolo risparmio sulla spesa e, al contempo, disporre di frutta o verdura considerata migliore perché più genuina.

La volontà degli italiani di non arrendersi al caro prezzi approda poi anche ai ristoranti dove ben il 49% di clienti si dice pronto a chiedere la doggy bag per portarsi via gli avanzi, con una percentuale che nei giovani sale addirittura al 58%. “L’idea che occorre evitare sprechi – notano Coldiretti/Censis – con positivi effetti sul risparmio nella spesa, è diventata dunque più forte del senso di vergogna che sino ad oggi limitava il ricorso a questa pratica peraltro molto diffusa nel mondo anglosassone”.

Va detto però che le strategie di risparmio si applicano soprattutto al momento di fare la spesa: l’81% degli italiani che ha adottato l’abitudine di preparare una lista ponderata di quanto si deve comprare . spiegano Coldiretti/Censis – per mettere sotto controllo gli acquisti d’impulso, evitando di farsi guidare troppo dalla molteplicità di stimoli che sono attivati nei punti vendita. E cambiano anche luoghi e modalità di spesa: il 72% degli italiani infatti si reca e fa acquisti nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione.

“E c’è anche – osserva Prandini – chi nella situazione di difficoltà preferisce fare una spesa etica, dal momento che 8 italiani su 10 (80%) acquistano, ovunque possibile, prodotti agricoli italiani, perché li considerano di qualità più alta, ma anche per dare supporto economico all’agricoltura italiana. E ancora, quasi sette italiani su 10 (69%) cercano regolarmente di prodotti a chilometro zero e il 50% effettua acquisti nei mercati dei contadini con l’obiettivo di sostenere le realtà locali, ridurre l’impatto ambientale dei lunghi trasporti e garantirsi prodotti più freschi che durano di più. Un impegno – ha concluso Prandini – sostenuto da Coldiretti con la realizzazione della più estesa rete di vendita diretta nel mondo che conta 15mila agricoltori aderenti, attivi in quasi 1.200 mercati lungo la Penisola dove hanno fatto la spesa 20 milioni di italiani”.

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