Sette italiani su 10 pensano che ciascuno di noi, individualmente, possa fare molto per la tutela ambientale. Può contribuire, insomma, a limitare gli effetti del riscaldamento globale e del cambiamento climatico, della produzione e del trattamento dei rifiuti, dell’inquinamento atmosferico. Tutti fattori che per ben 9 cittadini su 10 concorrono a rendere gravi le condizioni ambientali del Pianeta. 



I consumatori, dunque, credono in maniera sempre più convinta nella possibilità di sostenere la svolta green rivedendo stili di vita e comportamenti di acquisto. E così la bussola della sostenibilità arriva a guidare sempre più spesso anche il momento di fare la spesa. Proprio gli aspetti ambientali giocano infatti un ruolo fondamentale nella scelta dei prodotti alimentari da comprare, del punto di vendita in cui effettuare gli acquisti, come anche delle marche a cui rivolgersi. 



A sostenerlo, sono le indicazioni delle analisi prodotte dall’Osservatorio Sostenibilità di Nomisma i cui risultati sono stati illustrati durante l’evento “Verso COP26. Il contributo della filiera agroalimentare agli obiettivi di neutralità climatica”, recentemente promosso da Nomisma con il patrocinio del MiTE – Ministero della Transizione Ecologica.

Le evidenze prodotte dalle indagini rivelano, in particolare, che per il 32% degli italiani la sostenibilità è un driver di scelta prioritario, secondo solo ad aspetti di convenienza e di origine delle materie prime. Ma non solo. L’attenzione dei consumatori si focalizza anche su packaging in grado di rispettare l’ambiente, ricercati dal 28% del campione. E ancora, va considerato che, agli occhi dei clienti, la proposta di prodotti sostenibili rappresenta un metro di valutazione dell’impegno concreto dei punti di vendita e dei brand nei confronti della sensibilità green. 



Un impegno, peraltro, ripagato nei fatti, se si considera che, secondo Nomisma, nel 2021 in 7 casi su 10 gli italiani hanno acquistato almeno un prodotto alimentare o bevanda da marche attive sui temi della sostenibilità ambientale, e in oltre 6 su 10 da brand percepiti vicini al proprio sistema valoriale, e attivi o esposti sui temi ambientali in maniera credibile, non solo per aspetti di comunicazione.

Spesso però si tratta di comportamenti d’acquisto ancora occasionali, non necessariamente quotidiani. La quota di frequent sustainable consumer in Italia si attesta infatti al 52%. Siamo, insomma, difronte a un say-do-gap – dice sempre Nomisma -, definito anche dalla limitata disponibilità a pagare una maggiorazione di prezzo per prodotti sostenibili. Una tendenza che trova d’accordo ben il 54% degli italiani. 

È dunque evidente – rileva Nomisma – l’urgenza di spiegare e comunicare il differenziale di valore dei prodotti sottostante il differenziale di prezzo richiesto. E i dati confermano che in effetti una lacuna esiste: 1 italiano su 3 infatti – afferma sempre la ricerca – ritiene di non avere informazioni sufficienti a valutare la sostenibilità delle referenze che acquista e il 58% vorrebbe saperne di più.

Una lacuna che potrà essere probabilmente colmata (anche) dando il giusto risalto ai buoni risultati già complessivamente incassati dal sistema Italia. Il nostro Paese brilla infatti sul fronte della raccolta dei rifiuti (nel 2019 il 68% è stato avviato a riciclo contro una media europea del 41%) come pure incassa risultati positivi in tema di ricorso a energie da fonti rinnovabili (18,2%, in rincorsa sul 19% della media europea, ma in crescita di 2,2 punti percentuali rispetto al 2015). Anche se – va detto – ancora molto rimane da fare.

“L’obiettivo della neutralità climatica al 2050 richiede uno sforzo collettivo da parte della comunità internazionale e da ciascuno di noi – dichiara l’Onorevole Manlio Di Stefano, Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale -. Non si tratta di un obiettivo facile, ma crediamo fortemente sia quello da perseguire oggi e nei pochi anni che avremo a disposizione per impostare l’agricoltura e l’industria del futuro. A tutto questo la filiera agroalimentare italiana, una delle più virtuose in Europa, ha dato e sta dando il proprio contributo, ma dobbiamo impegnarci sempre di più a promuovere comportamenti e strumenti in grado di guidare questa ambizione”.

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