Niente più latte fresco nel banco frigo dei supermercati a marchio Granarolo, Centrale del latte di Milano e Centrale del latte di Calabria. L’azienda ha deciso di concentrare la produzione esclusivamente sul nuovo latte pastorizzato a temperatura elevata, capace di durare 10 giorni anziché i 6 giorni che caratterizzano il prodotto fresco. Il che, tradotto in altri termini, significa un prolungamento di oltre il 60% di quella che gli inglesi chiamano shelf life (vita a scaffale).



A spingere Granarolo verso questa decisione – riporta la testata specializzata Il Fatto Alimentare – c’è soprattutto la volontà di ridurre gli sprechi: una parte rilevante del latte fresco, infatti, arriva a scadenza nei banchi frigo prima ancora di essere venduta oppure nei frigoriferi di casa prima di essere consumata.



Ma va detto che la scelta dell’azienda intende andare incontro anche alle nuove abitudini di acquisto mostrate dai consumatori, che sempre più spesso preferiscono acquistare latte con una scadenza più lontana nel tempo. Una tendenza che dà vita a un circolo vizioso, perché induce la distribuzione a ritirare le confezioni di latte prima del limite riportato sull’etichetta, con riflessi negativi sul prezzo di vendita, dal momento che l’onere dei resi e del successivo smaltimento è a carico del produttore o del retailer. Senza contare gli impatti negativi sul fronte della sostenibilità: per motivi logistici, infatti, solo una parte di questo latte, ancora in ottime condizioni di conservazione, viene recuperato e destinato alle associazioni del volontariato, mentre la quota rimanente viene destinata all’alimentazione animale.



Il Fatto Alimentare fa notare che Granarolo è arrivata a innalzare di qualche grado la temperatura di pastorizzazione così da allungare la scadenza, spinta da una normativa italiana che rappresenta un unicum: l’Italia è l’unico Paese europeo ad avere stabilito per legge nel 2004 che la scadenza del latte fresco non debba oltrepassare i sei giorni dal confezionamento. Va però considerato – riflette sempre la testata – che da allora sono trascorsi 20 anni, durante i quali la tecnologia ha compiuto enormi passi avanti: i sistemi di raccolta nelle stalle sono migliorati, il latte munto passa direttamente nei serbatoi refrigerati e da qui alla cisterna del camion senza venire a contatto con l’ambiente esterno. La catena del freddo funziona e il latte, quando il prodotto arriva nelle centrali di confezionamento, ha una carica batterica bassa, e con la pastorizzazione si mantiene più a lungo. Dunque, conclude Il Fatto Alimentare, dovrebbe spettare al singolo produttore la valutazione della corretta scadenza dei suoi prodotti, così come del resto prevede la legge comunitaria. Al momento però Granarolo ha dovuto rinunciare a riportare sulle sue bottiglie la dicitura “latte fresco pastorizzato di alta qualità”, a favore della frase “latte pastorizzato a temperatura elevata ottenuto da latte crudo per l’alta qualità”.

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