L’Europa – e l’ Italia in particolare – non devono sottovalutare la capacità di penetrazione della propaganda cinese, come abbiamo più volte avuto modo di osservare su queste pagine. Lo dimostrano alcune osservazioni fatte recentemente. Vediamo di illustrarle in breve.
Poche settimane prima delle elezioni di medio termine, l’Fbi ha emesso un avvertimento, destinato ad alcuni dei quartieri generali del partito statale democratico e repubblicano, di un possibile attacco da parte di hacker cinesi.
L’hacking potrebbe far parte degli sforzi di spionaggio politico di Pechino o influenzare le posizioni dei candidati sulla Cina, secondo Nicholas Eftimiades, un ex alto ufficiale dell’intelligence. Secondo Eftimiades, questo attacco è tuttavia solo una parte di uno schema più ampio messo in atto dal Partito comunista cinese (Pcc). Infatti Eftimiades ha sottolineato che l’operazione di influenza è condotta attraverso due strumenti: propaganda e agenti segreti.
In relazione al primo strumento, il regime spende miliardi ogni anno per far avanzare la sua propaganda attraverso la trasmissione di notizie su migliaia di diversi media a livello globale e attraverso la sua diplomazia. Ma anche attraverso la diaspora cinese, “invitandola” a non votare per determinati candidati, ad esempio, o per assumere determinate posizioni sulla Cina.
Le operazioni segrete sono coordinate da vari organi del regime, tra cui le associazioni di amicizia cinese, i dipartimenti per il lavoro del Fronte unito e il ministero degli Esteri cinese.
Secondo la Commissione economica e di sicurezza e revisione degli Stati Uniti-Cina, l’United Front Work Department (Ufwd) del Pcc guida le principali organizzazioni affiliate all’estero per condurre operazioni di influenza contro attori e stati stranieri.
Lo studioso americano illustra questa tesi presentando un caso molto interessante e cioè quello di Christine Fang, la presunta spia del Pcc che, secondo un rapporto di Axios, ha costruito una vasta rete di contatti con politici emergenti nella San Francisco Bay Area.
Uno degli aspetti più interessanti della strategia della Cina a questo proposito è l’accerchiamento. Con questa strategia, il regime tende ad esercitare influenza sugli individui intorno al politico mirato, piuttosto che direttamente sulla persona.
Pechino può mirare agli accademici che sosterranno quella persona; pone in essere operazioni informatiche per capire chi ha opinioni pro-Cina e chi no. Inoltre il regime usa il denaro come strumento per intrappolare gli individui. È infatti molto facile fare leva sull’avidità dei funzionari governativi, dei funzionari aziendali.
Quando questi funzionari abboccano e quindi accettano il denaro, da quel momento in poi sono in mano alla propaganda cinese. Insomma una vera e propria autocensura imposta. Al di là delle diversità strettamente lessicali, la strategia posta in essere dalla Cina segue la falsariga di quella praticata durante la guerra fredda dalla Russia e dagli Stati Uniti.
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