Spille di Mao sul podio delle Olimpiadi di Tokyo 2020: a indossarle sono state Bao Shanju e Zhong Tianshi, atlete della Cina che hanno conquistato la medaglia d’oro nella gara sprint femminile di ciclismo. Le immagini della loro cerimonia di premiazione hanno rapidamente effettuato il giro del web, in quanto l’emblema appuntato sulle loro divise avrebbe palesemente violato il regolamento inserito all’interno della Carta Olimpica, il quale vieta in maniera del tutto esplicita manifestazioni di carattere e di propaganda politici sul podio dei Giochi. Inevitabilmente, il CIO ha chiesto spiegazioni alla Nazionale del Paese del Dragone ed è in attesa di una risposta.



Intanto, il quotidiano “Libero” ipotizza come si possa essere trattato di una reazione agli accadimenti del giorno antecedente, quando un atleta statunitense, Raven Saunders, aveva alzato le braccia sul podio per esultare, salvo poi incrociare i polsi in segno di sostegno alle persone oppresse. In molti hanno ravvisato in questo gesto un riferimento alle minoranze etniche presenti in landa cinese, dagli Uiguri sino agli oppressi del Tibet e proprio in virtù di ciò il Comitato Olimpico Internazionale ha domandato alla rappresentativa americana di chiarire l’accaduto. Dagli USA, però, è arrivata una risposta unanime: Saunders non sarà sanzionato.



SPILLE DI MAO SUL PODIO OLIMPICO: COSA SUCCEDERÀ ORA?

Stati Uniti, peraltro, che non sono nuovi a gesti “contestati” nel corso della rassegna a cinque cerchi in landa nipponica. A tal proposito, giova ricordare l’inginocchiamento delle calciatrici americane sul manto erboso prima del fischio d’inizio, anche se, in tale circostanza, non è stata violata alcuna regola, in quanto l’adesione all’ideologia “politica” (Black Lives Matter) non è avvenuta sul podio olimpico, ma sul campo di gara.

Tornando alla querelle che coinvolge la Cina, in questo momento, conclude “Libero”, il Comitato olimpico internazionale è in attesa di una risposta da parte della squadra del Dragone, anche se è probabile che la vicenda possa terminare in un nulla di fatto, ergo senza sanzioni all’indirizzo delle cicliste, come avvenuto, appunto, nel caso che ha riguardato in prima persona Saunders.