L’impronta carbonica dell’Intelligenza artificiale supera quella del trasporto aereo? Utilizzata, tra gli altri, per rilevare le perdite di gas serra dagli oleodotti, monitorare la deforestazione, progettare nuovi materiali green, l’IA svolge un ruolo importante nella lotta ai cambiamenti climatici ma non è la “pallottola d’argento”. I sistemi di intelligenza artificiale hanno, a seconda della loro complessità e del loro utilizzo, consumi energetici diversi, ma in genere richiedono quantità significative di elettricità per elaborare e analizzare i dati in modo efficiente per ottenere questi benefici. Ci si interroga dunque se il costo ambientale del consumo energetico dell’IA (tra il 2,5% e il 3,7% delle emissioni totali) sia attualmente maggiore o minore dei benefici che può apportare.
Senza parlare di Intelligenza artificiale generativa (AGI), il tanto declamato passo successivo, ogni richiesta a ChatGPT passa attraverso un server che esegue migliaia di calcoli per determinare nel più breve tempo possibile le parole migliori da usare nella risposta. Approssimativamente si stimano consumi elettrici dieci volte quelli di una ricerca su Google. A mano a mano che vengono pubblicate nuove ricerche cresce la consapevolezza dell’impatto ambientale in termini di calore generato dai server ospitati nei data center in funzione H24 e dei consumi idrici per i sistemi di raffreddamento. Questi però dipendono da dove sono collocati i data center. In aree dove la bolletta elettrica è bassa mentre l’acqua scarseggia, i sistemi di raffreddamento dei data center sono delle grandi unità simili a condizionatori d’aria che assorbono circa un terzo dell’energia complessivamente consumata.
Recentemente uno studio del Washington Post assieme all’Università della California Riverside ha evidenziato che, utilizzando il modello linguistico GPT-4 rilasciato a marzo dell’anno scorso con oltre 180 milioni di utilizzatori e circa 600 milioni di visite al mese, una mail di 100 parole generata da un chatbot IA consuma mezzo litro d’acqua. Nell’ipotesi di un regolare invio settimanale per un anno si avrà un consumo di 27 litri d’acqua. A livello di Stati Uniti si totalizzano 435 milioni di litri d’acqua se un lavoratore su dieci (circa 16 milioni di persone) inviasse questa mail una volta alla settimana per un anno.
Sui consumi energetici questa stessa mail richiede 0,14 kWh l’equivalente dell’alimentazione di 14 lampadine a LED accese per un’ora. Nel corso di un anno, questa mail inviata settimanalmente da un lavoratore su 10 sarebbe l’equivalente dell’elettricità consumata da tutte le famiglie residenti a Washington DC, 121GWh.
Inoltre, l’addestramento dei grandi modelli linguistici alla base dell’IA non fa che appesantire la già notevole fame energetica e sete d’acqua del cloud computing. I data center di Microsoft hanno consumato 700 mila litri d’acqua per allenare GPT3. Pari all’incirca all’acqua necessaria per produrre 100 kg di bistecche. Il doppio del consumo medio pro capita degli americani. Nello Iowa, il consumo di data center rappresenta il 6% delle risorse idriche locali. Mentre Meta ha utilizzato 22 milioni di litri d’acqua per allenare il suo chatbot open source LLaMa-3. Pari all’impronta idrica per coltivare di quasi 2 tonnellate di riso. Secondo le stime di Goldman Sachs Research, il fabbisogno elettrico dei data center trascinato dall’IA aumenterà di 160% entro il 2030. Attualmente assorbono circa 2% del consumo totale di energia elettrica.
Big Tech si impegna a mitigare il suo impatto energetico. Le soluzioni spaziano dalla costruzione di data center in luoghi freddi, sotto il livello del mare, o dove l’energia rinnovabile è abbondante e costante (per esempio quella geotermica in Islanda). Microsoft ha recentemente firmato un accordo per una fornitura pluriennale di energia nucleare generata da uno dei due reattori di Three Miles Island, la centrale tristemente famosa per il meltdown del 1979, che tornerà in attività. Il recente annuncio del Presidente di Microsoft, Brad Smith ricevuto dalla Premier Meloni, di un investimento di 4,3 miliardi di euro nei prossimi due anni per potenziare l’infrastruttura IA e la capacità cloud in Italia, fa sorgere la domanda. Da dove arriverà l’elettricità nel Paese dove le imprese pagano il prezzo del kilowattora fino a due volte quello dei suoi vicini? Che si sia accennato anche di un ritorno al nucleare in Italia?
Fa ben sperare il punto del Piano strutturale di bilancio che, a pag. 99, prevede di introdurre un quadro legislativo di riferimento per la ripresa della produzione di energia nucleare in Italia. A partire dal 2030, però.
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