“Per essere onesti, Draghi può giocare a fare il duro, perché non ha la sua pelle sul tavolo. È alla fine della sua carriera e sono certo che lui e la sua famiglia non subiranno alcun impatto dal suo approccio: Non voglio giudicare se sia moralmente giusto o sbagliato contrastare la Russia di Putin, ma il mio punto di vista è che a Draghi non interessi molto degli italiani, in particolare di quelli più fragili sul piano economico. Ora com’è accaduto negli ultimi due anni”. Può anche darsi che dietro il nickname “Montanino” si sia celato un troll russo, ben mimetizzato nel milione di abbonati globali al Financial Times. Però non è l’unico commento di questo tono fra i 281 giunti al quotidiano della City (e autorizzati alla pubblicazione da un “moderatore”) fra domenica e lunedì.



Un “pienone” per un articolo dal titolo decisamente intrigante: “Mario Draghi e Olaf Scholz mostrano come gli equilibri di potere in Europa stiano cambiando”. In perfetta orologeria la messa in home: poche ora prima del G7 straordinario sull’Ucraina e della missione del premier italiano a Washington. Super-classico il format: una “world editor” di origini francesi ma naturalizzata anglosassone – Anne-Sylvaine Chassany – è stata incaricata di imbastire un “contest”. Da un lato Draghi: storico amico e beniamino di FT, banchiere in Goldman Sachs a Londra prima di salire in Bankitalia e Bce; dall’altro il cancelliere tedesco, per definizione “altro” rispetto alla città di Churchill; tanto più se socialdemocratico (come l’ex cancelliere “putiniano” Gerhard Schroeder) a capo di una variopinta coalizione con verdi e liberali. 



L’esito dell’articolo è da manuale (salvo forse un paio di citazioni partisan del leader del Pd Enrico Letta, evidentemente interpellato come ex direttore macroniano di Science Po): il premier italiano è e resta il vero leader europeo, secco e limpido nel collocare la questione ucraina all’ormai celebre bivio “pace o aria condizionata”; Scholz è invece l’irresoluto, inesperto e inaffidabile anti–leader di una Ue “perduta” all’Occidente.

Però – complice una domenica nervosa – non tutti i subscriber di FT sono rimasti convinti della narrazione. Italiani e non. Difficile giudicare più provinciale chi giudica Draghi “una bambinaia imposta agli italiani dai globalisti di Bruxelles e del World Economic Forum” (“Northyorkmoors”) oppure chi annota: “Draghi non vuole essere rieletto. È questa la ragione per la quale prende le sue decisioni. È certo che il settore privato è contro di lui: basta leggere Il Sole 24 Ore, omologo italiano di FT “ (“Maldini”).



A Draghi non mancano estimatori come “LongRealThings”: “La differenza fra Draghi e Scholz è che Mario sa come si conduce una nazione sull’orlo della bancarotta, mentre Scholz non sa che sarà il prossimo”. Ma anche su FT c’è chi insiste implacabile: “Draghi ha creato bolle negli investimenti, ha incrementato i debiti, le ricchezze immeritate e diseguali, gettando le basi dell’attuale inflazione”.  Per non parlare di “Renew21”: “L’approccio supino agli Usa di Draghi e di altri leader Ue in questa guerra porterà tale devastazione nelle economie europee che i partiti populisti domineranno i prossimi round elettorali, a cominciare dall’Italia”.

Alla guida dell’Europa ci vuole Emmanuel Macron? Vista da Londra – sempre fredda nei confronti del premier di casa – sembra di sì. Ma anche il semi-presidente francese deve ancora vincere l’altra metà delle sue elezioni.

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