Nell’economia della produzione le virtù degli spiriti animali possono esser state garanti del produrre e generare ricchezza; nell’economia dei consumi, invece, di aver sovrapprodotto fino a depauperare quella stessa ricchezza. No, non è tanto una virtù che si fa vizio: l’opposto. Sono i vecchi viziosi della spesa di prima a diventar oggi virtuosi.
Pizzico i fatti e ve li mostro: secondo Eurostat, nelle strutture alberghiere l’Italia si contano 5 milioni di posti letto la cui occupazione media annua risulta del 46%; quanti, nel ristorante, hanno più tavoli apparecchiati che gente seduta, più lettini da massaggio che gente da massaggiare, più fornelli per cuocere che cibi da cucinare, più palloni da calciare che gente che calcia? Questa è la sovraccapacità bellezza! Qualcuno la prezza. Sì, quando il mercato dis-funziona nasce Groupon. Si mette in mezzo tra chi ha capacità produttiva inutilizzata e chi ha un potere d’acquisto insufficiente; fa il prezzo dello squilibrio, guadagna facendo ridurre i costi al primo, rifocillando quel potere al secondo: è il mercato bellezza!
Fa questo dal settembre del 2008 diventando leader nella gestione del potere d’acquisto collettivo, nel farlo incassa; a dicembre 2010 Google offre 6 miliardi di dollari per acquistare l’affare. Mette a reddito per sé e per i “grouponer” l’indomito spirito d’altri.
Ehi, un momento, quel che appare esser manna è invece il mercato che fa il prezzo del non aver compreso quanto gli spiriti, questi maligni, di quei grouponer chiedano in più per poter fare, quel che spetta al loro esercizio di ruolo, nel tempo dei portafogli mosci. Più di quel che dà Groupon!
Niente paura, un Groupon sovraccapace deve di più. Quel di più lo deve perché come il “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino” facendo business dell’altrui sovraccapacità, si rischia la propria; quando si hanno più Deal da smerciare che smerciati, quelli che restano valgono meno. Per sventarla, paga il prezzo: Deal con sconti fino al 70%, fatti già dai sovraccapaci, al quale sempre più spesso si aggiunge il “… fino al 30%” dell’incasso del Groupon sovraccapace. Sì, quando il mercato funziona, del troppo fa il prezzo; quando è doppio, il prezzo raddoppia! Groupon ci sta per continuare a potersi fregiare del marchio: “Azienda Pro-Crescita”.
Quando poi quel vizio va oltre l’occasione, fino a a farsi regola produttiva, i virtuosi della spesa son costretti ad attrezzare i soccorsi. Barter, il termine: MbsMedia, LogySystem e DigitalBarter sono le agenzie che fanno affari con la “pubblicità in cambio merce”.
Quelli di MM fanno i conti di quanto valga l’affare: “La diffusione del barter nel mondo è in costante ed esponenziale crescita. Dagli ultimi dati rilevati nel 2006 si può constatare che sono oltre 1.000.000 le aziende che utilizzano questa forma di business. Nei soli Usa l’industria del barter rappresenta un giro di affari di oltre 808.42 miliardi di euro, equivalente al 2,9% dell’intero Pil nordamericano, con un incremento medio annuo degli scambi al 19% negli ultimi tre anni. In Italia il corporate barter ha incrementato il fatturato di oltre 2.700 imprese.”
Una montagna di miliardi, alla fiera del troppo negli Usa, un anno prima dell’inizio della crisi. Sia come sia, gli espositori, pur qui, sovraccapaci di processo e/o di prodotto da una parte; dall’altra i proprietari dell’attenzione. In mezzo, chi per far business, ha bisogno di avere il comodato d’uso [1] dell’attenzione che serve a rendere efficace quella loro pubblicità per smerciare gli invenduti. Ennò, nel tempo del “non esistono pasti gratis” e con la micragna che gira, quelli s’hanno da scomodare e pagare!
Ah già, il baratto non si paga con moneta, si scambia merce con merce poi, per salvaguardare il vantaggio dello smerciante sul mercato chiaro, le merci ricevute devono essere acquistate nei mercati grigi; negli adv store. Bene, se il tutto non viene a configurare un’elusione fiscale si potrà fare: dateci un pass per passare a rifocillare la nostra altrimenti stressata attenzione; conviene a tutti, a noi di più.
Fermi tutti, manca un pezzo al puzzle perché funzioni: nel budget 802,42 miliardi c’erano già nel 2006, un anno prima della crisi, figuriamoci tredici anni dopo. Di attenzione invece, per fare acquisti e pagare, ce n’è meno, molta meno. Già, vale doppio. Vale per il barterista, come promessa d’efficacia della campagna pubblicitaria dei sovraccapaci e avere in cambio la merce; vale poi per smaltire il magazzino dei Barter dove proprio quella merce si vende.
Dunque cocchi… se l’attenzione vale doppio non si può pagare, con gli spiccioli negli store dedicati, a malapena la metà; magari per poter continuare a dar coccarde a quegli immarcescibili “spiritati”! Sì, proprio quando il rischio del suo sovrautilizzo non trova il “ricostituente” in un ristoro economico come si mostra nelle città, dove chiudono negozi, aprono adv, pur se ancora debbono dimostrare di riuscire a far profitti.
[1] Il contratto di comodato, previsto dall’articolo 1803 del codice civile, recita: “Una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta”. Per non sbattere nelle approssimazioni, al tempo dell’immateriale, considerare l’attenzione de facto “una cosa”, per giunta di valore, può addirittura apparire un pleonasmo.