Tra l’acquistare l’auto quando in pochi l’hanno e il non volerla perché tutti l’hanno non ci sta il prestigio di un marchio, sta la distanza tra l’Henry Ford che ieri pagava la domanda per le sue auto e l’oggi che, per riffe o per raffe, si acquista a rate.

Con disagio allora penso a quel che un vecchio adagio diceva:“Per mancanza di un chiodo un ferro di cavallo fu perso, mancando un ferro il cavallo fu perso, mancando un cavallo un cavaliere andò perduto; la battaglia fu persa, perdendo la battaglia fu perso l’intero regno”.



Dunque, questo ieri; di questi tempi il vecchio adagio si veste di “automotive” dove, al posto del ferro di cavallo, ci sta la ruota; al posto del cavaliere sta chi si propone di acquistarla; quelli che si battagliano per venderla son troppi: si aggregano, si disgregano, fanno patti con il diavolo; nella repubblica stan tutti lì a far moine con i magazzini pieni d’auto ad arrugginire.



Bene ora metticaso che, dentro il sistema industrial produttivo, tu non metta in conto che il vecchio chiodo, che fa perdere il reame, sia nella disponibilità di quello che, con l’acquisto, chiude il ciclo e con il consumo dell’acquistato lo riapre. Metti pure che il titolare di quel chiodo sia la chiave di volta per la continuità del ciclo economico ben più degli altri fattori della catena che di questi tempi post pandemici stan lì ammaccati.

Chi è il titolare? Beh, quel misconosciuto tizio, surrogato con i succedanei utilizzati di volta in volta come unità aggiunta di un fattore produttivo; sì. insomma quell’agente che, quando può, sventa il “campa cavallo e salva il regno”.



Dunque, con la produttività marginale si deve intendere la quantità addizionale della produzione che si ottiene impiegando un’unità aggiuntiva di un fattore produttivo. Fin oltre un certo limite… poi l’accrescimento del prodotto sarà minore, finché giungerà il momento in cui un ulteriore aumento del fattore non produrrà alcun incremento di prodotto, non potendosi combinare con la necessaria quantità degli altri fattori a meno che…. non venga assunto nel ciclo, senza infingimenti, quel fattore di consumazione che si auto-riproduce e auto-remunera, altrimenti… son cincischi.

Sì, si cincischia per mettere pezze alla strutturale sovraccapacità, la bassa redditività, e la riduzione del bisogno di mobilità; per trovare i ricavi le aziende si fanno banche, con il marketing saturano tutti gli spazi pubblicitari, con il Taeg li incassano. Far lucro, insomma, lucrando sul costo del debito di quelli costretti a contrarlo per l’acquisto dell’auto. Toh, siamo ancor al produrre la ricchezza con il debito!

Beh, si può pure far di più. Gli hedge fund che controllano Europcar e Volkswagen tentano l’immaginifico: sono in trattative avanzate per l’acquisizione della società di noleggio auto francese. Bella quest’operazione industriale: produce auto che vende a sé medesima che poi affitta. Per strafare ci si mette J.P. Morgan che ha sottoscritto un accordo strategico con Volkswagen Financial Services, per acquisire una quota maggioritaria, pari a circa il 75%, nella piattaforma dei pagamenti della casa automobilistica.

Cosa dire dopo cotanti fatti a chiosa? Beh un paradosso del tempo di prima che si fa, in quest’oggi di cattivi presagi, cunetta calda e accogliente: hanno più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare!

Bene, il trapassato buon Ford aveva indicato la via per il futuro; dopo cotanti cincischi, se ne dovrà tener conto nel rifare i conti. Essi Signori: “Abbiamo chiesto un incontro al presidente Draghi perché le aziende che, in modo da far west, hanno aperto procedure di chiusura degli stabilimenti, sono tutte nel settore automotive”. No, non lo dico io, lo ha detto il Segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.

Prosit!

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