In principio venne la “privacy” – rigorosamente con la y –, quella che doveva difendere la riservatezza degli italiani. Furono varate leggi e regolamenti, stampati miliardi di moduli e formulari, studiati programmi informatici, predisposti testi da sottoscrivere, ma tutti affrontarono miss Privacy sempre con noncuranza e considerandola una gran perdita di tempo, anche perché tanto, quando c’era qualcosa di veramente riservato da preservare o secretare, la norma veniva aggirata ed il segreto diventava presto e comunque quello di Pulcinella.
Degno compare di miss Privacy arrivò poi mister “avviso di garanzia”, un’altra riforma che – sempre in buona sostanza – doveva permettere al cittadino-indagato di essere meglio garantito nei propri diritti affinché sapesse per tempo (e teoricamente prima degli altri) che era in corso un’indagine su di lui e che quindi, se lo voleva, provvedesse a difendersi.
Negli anni, però, chi riceve il fatidico “avviso” è stato rubricato come sostanzialmente già colpevole. I nomi degli indagati illustri escono misteriosamente quanto regolarmente dalla procure, prendendo la strada delle redazioni e dei media. Gli “avvisi” svolgono quindi una ben diversa missione pratica, antitetica a quello per cui erano stati inventati, diventando strumenti di killeraggio anticipato dei potenziali indiziati.
Non si ha peraltro sentore di un magistrato, un cancelliere, un avvocato, un brigadiere della “Benemerita” o un maresciallo di Ps che sia mai stato inquisito e condannato per aver sveltamente passato la “velina” in mani amiche.
Terzo ed ultimo attore del trio era un tal “segreto istruttorio”, già parente di mister “avviso di garanzia”, che imponeva a lorsignori magistrati di non rendere pubbliche le loro inchieste fino al proscioglimento (e allora il silenzio precedente sarebbe stato d’oro) oppure ad un doveroso rinvio a giudizio per far giudicare il presunto colpevole in base alle prove o indizi raccolti.
Anche in questo caso il segreto sulle indagini viene però molto spesso violato e l’inchiesta teoricamente segreta diventa oggetto di cronaca, scandalo, dibattito o polemica allietando le cronache politico-giudiziarie anche di questa torrida estate.
Non accenniamo solo al caso Santanchè, in cui la ministra sostiene di non essere tuttora indagata, né ai soliti casi di intercettazioni sussurrate, ma per esempio alla brutta storia di La Russa jr apparsa sul Corriere della Sera in prima pagina la scorsa settimana e diventato un pruriginoso gossip estivo che infiamma le discussioni da ombrellone, ma anche le cronache politico-giudiziarie.
Un caso interessante perché una gentile quanto ufficialmente ignota fanciulla (di cui non si dice il nome, ma si pubblica che è stata compagna di scuola dell’Apache, forse drogata già ante o post fattaccio, che ha amiche che cinguettano sui social e frequenta una certa discoteca, che ha atteso quaranta giorni a denunciare, eccetera) sostiene di essere stata violentata.
Casi così purtroppo ne avvengono tanti e restano di solito confinati ai “mattinali” delle questure e poi sepolti dalla polvere, ma questa volta l’Apache è “figlio di” e quindi – viva la privacy e il segreto istruttorio – il suo nome è spiattellato al mondo intero, del diciannovenne vengono pubblicate foto di lui, fratelli e famigliari, si aprono polemiche ed accuse al di lui padre di cui si chiede il fatidico (e consueto) “passo indietro” e via dicendo. Dell’inchiesta giudiziaria si conosce il nome del magistrato inquirente e i suoi collaboratori e si è informati quotidianamente su chi vede, sente e dove lo faccia, se vuole o meno sequestrare un telefono e avanti così.
Nessuno si permette di dire e scrivere che siamo davanti a clamorose violazioni di legge perché altrimenti si passa da amici dell’indiano.
Intanto la magistrata – assunta agli onori della cronaca – indaga e deciderà, ma qualunque cosa farà avrà contro mezza Italia.
Se proscioglierà l’Apache, molti giornali lasceranno intendere che si è appiattita al potere, e se in futuro avrà una promozione sarà “l’evidente dimostrazione del favoritismo a suo tempo concesso”. Idem, però, se agisse al contrario, perché l’altra mezza Italia vedrà nella sua decisione una motivazione politica per azzannare ai polpacci il capotribù degli Apache e quando la promozione arrivasse il commento sarà esattamente quello già sopra virgolettato.
Morale della storia: ma qualcuno si chiede se diffondere queste notizie in prima pagina e in questo modo non sia un reato, prevalendo (o no?) sul diritto di informazione?
Affrontate domattina la questione con il vicino di ombrellone, farete audience e come arbitro c’è poi sempre il bagnino.
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