A Roma la giornata di ieri si è conclusa con la crisi di governo incagliata – ufficiosamente – sull’ipotesi di nominare due ministri della Giustizia entrambi graditi alla magistratura (Stefano Bonafede in carica da tre anni per M5s e il predecessore Andrea Orlando per il Pd) come vicepremier di un Giuseppe Conte ter trasformato in premier sostenuto dal neo-partito dei “responsabili”. Con altrettanta ufficiosità l’oggetto del contendere fra Matteo Renzi, Nicola Zingaretti e i vertici pentastellati sarebbe assai di più il ruolo di Domenico Arcuri: super-commissario “a tutto” del premier uscente, in particolare alla campagna vaccinale anti-Covid.  Un personaggio, Arcuri, che Aldo Grasso sul Corriere della Sera ha paragonato a Luca Palamara, il super-magistrato caduto in disgrazia presso i colleghi del Csm e ora proteso a chiamare in correo un intero “sistema” giudiziario per il “mercato delle nomine”.



Come Palamara, secondo Grasso, anche Arcuri sta tentando di rifugiarsi in una disperata autodifesa: accusando non meglio precisati “sistemi” – complotti di hackeraggio politico-amministrativo – per  tutti i drammatici stop and go dei vaccini in Italia. Il grande capro espiatorio per il flop della campagna è stato individuato negli ultimi giorni nel colosso farmaceutico Pfizer, anche se sul punto contrattuale è andata in crisi la stessa presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Fin da quando Conte lo ha designato come “superministro” al pari del portavoce Rocco Casalino, Arcuri ha però sempre avuto buon gioco nel puntare il dito contro “le regioni”, anzi, contro la Regione Lombardia. Se nulla funzionava (e ben poco ha in realtà funzionato) su ogni versante dell’emergenza sanitaria ed economica, la responsabilità è sempre stata delle regioni, anzi del governatore lombardo Attilio Fontana. Parola dell’uomo cui il primo “grande Dpcm” – a metà marzo 2020 – aveva messo nominalmente in mano 16 miliardi: ma non è riuscito a consegnare neppure le mascherine durante il primo lockdown (non parliamo dei respiratori).  E a nulla è valso – almeno allora – che Guido Bertolaso consegnasse nei tempi previsti un ospedale-Covid costruito da zero nella Fiera di Milano con donazioni private sotto la regia del Pirellone.



Dieci mesi dopo, l’epidemia è ancora in corso: con decine di migliaia di contagiati e centinaia di morti al giorno. Il governo centrale e il “supercommissario a tutto” continuano a mancare gli obiettivi annunciati: perfino quelli puramente mediatici come la costruzione di una rete-Primula di punti di vaccinazione su tutto il territorio nazionale. La Regione Lombardia ha chiamato Letizia Moratti come nuovo vicegovernatore e assessore alla Sanità. E Moratti – dopo aver ottenuto la cancellazione anticipata di restrizioni “ad Lombardiam” estremamente controverse – ha richiamato Bertolaso in un ruolo a questo punto direttamente competitivo con Arcuri. Bertolaso si è impegnato a vaccinare tutti i lombardi entro giugno.



Chissà se a giugno Arcuri sarà ancora super-commissario a cosa, di quale governo. Viene da dubitarne, dopo gli ultimi sviluppi della crisi politica che vedono chiamato in causa come possibile presidente del Consiglio l’ex presidente della Bce Mario Draghi. E chissà a che punto sarà – a metà 2021 – il varo dell’autonomia differenziata a Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

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