Il primo marzo del 1968 centinaia di studenti si radunarono davanti alla sede universitaria romana distaccata di Valle Giulia per cercare di rioccuparla. Si trovarono davanti dei coetanei in divisa della Celere ad impedirglielo. Ne scaturì la cosiddetta battaglia di Valle Giulia, uno degli eventi del povero Sessantotto italiano. A fine giornata si contarono 148 feriti e 200 denunciati.



Dalla vicenda scaturirono i famosi versi di Pier Paolo Pasolini che da 50 anni fanno arrovellare gli intellettuali nel capire con chi stava PPP. Stava coi poliziotti o no? Io però vorrei soffermarmi su un altro passo, che oggi come ieri è illuminante sull’habitus dei capricciosi ed imbelli giovani dimostranti degli ultimi giorni. Che chiedono tutto a parole, ma che da bravi borghesi vengono sempre a patti, soprattutto con le loro coscienze, che non impediscono loro di andare contro la polizia sapendo che non è certo la polizia la fonte dei guai, ma è ipocritamente l’unico obiettivo verso cui il potere gli consente di convergere senza conseguenze.



Per tornare ai giorni nostri – anzi, a qualche giorno fa. Al famoso corteo che a Firenze aveva deviato dal percorso prestabilito, mentre nell’altrettanto famoso corteo di  Pisa, organizzato senza alcuna comunicazione alla questura, i pacifici dimostranti cercavano di sfondare il cordone di sicurezza degli agenti. A Firenze inoltre si è replicato lo schema dello sgombero di viale Corsica nel 2022, solo che a parti invertite l’opposizione di oggi, il Pd, a diversi livelli istituzionali si scagliò contro gli antagonisti e non contro la polizia.

Certamente la violenza della polizia deve essere controllata e usata come estrema ratio, ma le immagini degli agenti schiacciati contro il Daily di servizio che reagiscono caricando sono chiare e non danno adito a dubbi di sorta. Se non vogliamo le manganellate basta rispettare la legge. Basta manifestare pacificamente rispettando le indicazioni della questura competente. E, lapalissiano, non ci saranno mai scontri di piazza se la piazza non va a scontrarsi con la polizia, come secondo le statistiche apparse su varie testate è successo nel 97 per cento delle oltre 13mila manifestazioni che si sono svolte nell’ultimo anno.



E questo ci porta al secondo punto da evidenziare, se vogliamo incasellare i fatti nel giusto modo: la cornice di violenza organizzata e la ricerca dello scontro con la polizia durante le manifestazioni. Che va ben oltre il diritto di manifestare e la difesa delle proprie ragioni. Ovvero l’impegno a cercare l’incidente fasullo con gli agenti, da sbandierare all’opinione pubblica per attestare le violenze della polizia. La presunzione di potersi confrontare quasi militarmente in uno scontro organizzato con reparti specializzati antisommossa. Obbligati dai decisori politici a non contrastare i disordini.

Tutto questo ci fa capire quanto sia forte la decadenza ed il degrado della nostra società attuale, e se non fosse tragica la situazione sarebbe comica, perché fa emergere un lato poco osservato dei nostri contestatori. Come direbbe Longanesi, questi vogliono fare la rivoluzione col permesso dei carabinieri, vogliono assaltare ambasciate ed uffici pubblici ed essere anche premiati da chi deve preservare l’ordine pubblico. Le rivoluzioni non sono pranzi di gala, diceva qualcuno. Volete la rivoluzione? Allora prendetevi anche le manganellate.

Ed infine il terzo punto. Il consenso di queste frange estremiste all’attuale opposizione parlamentare è ritenuto talmente prezioso per le prossime chiamate elettorali, che il presidente della Repubblica non spende neanche una parola a favore degli agenti schierati a difesa delle istituzioni oggetto degli assalti.

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