Ieri mattina un grande quotidiano italiano ospitava un corsivo sull'”Olanda tollerante” (forse più correttamente “intollerante dell’intolleranza”): un assessore comunale di Utrecht ha infatti rinnegato il gemellaggio con una città polacca auto-proclamatasi “gay-free”. Lo stesso quotidiano non aveva però una sola riga sullo stop imposto dal tribunale di Amsterdam alla fusione fra le attività italiane e spagnole di Mediaset nella nuova holding MFE, che ha scelto l’Olanda come sua residenza societaria. I magistrati olandesi hanno deciso di sospendere fino all’1 settembre l’operazione programmata da Mediaset, in attesa di pronunciarsi su un reclamo presentato da Vivendi: il polo francese di Vincent Bolloré, impegnato da tre anni in una scalata ostile al Biscione. I magistrati di Amsterdam hanno già respinto in febbraio un’istanza di opposizione di Vivendi all’operazione MFE, che tuttavia è ricorsa a un giudizio di secondo grado. Che maturerà soltanto fra cinque settimane.



La prima notizia dall’Olanda è manifestamente figlia del Grande Accordo maturato martedì mattina a Bruxelles, dopo la lunga maratona dei 27 capi di Stato e di governo Ue sul Recovery fund. Lo scontro fra Italia e Olanda sugli aiuti post-Covid ne è stato in superficie il profilo più mediatico. Ma il controverso “affidavit” concesso dal comunicato finale ai premier di Polonia e Ungheria sulla questione dello “stato di diritto” nei rispettivi Paesi è stato l’aspetto più politicamente sensibile (fra l’altro: il premier italiano Giuseppe Conte ha dovuto pagare personalmente il pedaggio imbarazzante di una foto con Viktor Orban e Mateusz Morawiecki pur di favorire la diplomazia sotterranea di Angela Merkel verso le sospette “democrature” di Visegrad).



È naturale che in Italia siano rimbalzati dall’Olanda soprattutto gli echi delle polemiche interne verso il premier Mark Rutte, accusato di debolezza verso i Paesi mediterranei in cronica difficoltà finanziaria. Ma neo Paesi Bassi – peraltro ampiamente beneficiati sui fronte degli sconti sui contributi al bilancio Ue – non sono mancate critiche violente, di marca “politically correct”, su due altri versanti: la presunta connivenza verso i Premier europei tacciati di “neo-fascismo” in quanto vincenti al voto democratico sulle sinistre “politicamente corrette”; e i tagli consistenti imposti dagli stessi Paesi “frugali” agli investimenti “verdi” da parte dell’Unione, per recuperare risorse a favore di Italia, Francia, Spagna, Portogallo, tenendo sotto controllo il bilancio europeo.



La notizia sul MFE non è figlia e probabilmente neppure nipote della svolta in Europa. Ma è difficile resistere alla tentazione dietrologica, allorché il patron indiscusso del progetto di euro-tv generalista basata in Olanda resta Silvio Berlusconi. Al momento il Cavaliere resta il terminale italiano ufficiale del Ppe di Angela Merkel; nonché l’indiziato numero uno di un puntello “responsabile” al Governo Conte, diviso e paralizzato di fronte alla prospettiva di chiedere il Mes. Per quale ragione il Governo e l’establishment olandesi – già accusati (anche dall’Italia) di offrire paradisi fiscali ai grandi gruppi europei  – dovrebbe stendere tappeti rossi a un tycoon italiano in guerra contro un tycoon francese e in conflitto d’interessi con il Governo Conte?

E poi la stessa Germania merkeliana si mostra restìa ad aprire le frontiere a Berlusconi: che ha scalato ProSiebenSat1 come Vivendi ha scalato Mediaset, ma sta ricevendo al momento in Baviera lo stesso trattamento che Cologno ha sempre potuto riservare a Bolloré, con l’appoggio di tutti i governi italiani dal 2011 in poi. Su questo sfondo non può sorprendere che Romano Prodi si affanni a riabilitare il vecchio rivale, a sua volta impegnato in un complesso tentativo di “cancel culture” su  trent’anni di traversìe giudiziarie.

Di tutto questo, naturalmente, non c’è traccia sui media olandesi o tedeschi.