La scorsa settimana avrebbero dovuto iniziare i loro lavori due commissioni bicamerali d’inchiesta istituite con apposite leggi nel marzo scorso: quella riconvocata sulla crisi del sistema bancario e finanziario e quella sul “caso Forteto”. Ambedue erano teoricamente pronte a operare fin da agosto, con la designazione dei 40 commissari. Entrambe avrebbero dovuto aprire i battenti il 4 settembre: è stata la crisi di governo – almeno ufficialmente – a congelarne il debutto. Entrambe erano state infine convocate per il 3 dicembre, ma le sedute inaugurali sono state aggiornate a data da destinarsi (solo indicativamente il 19 dicembre).
Il nuovo doppio rinvio è stata deciso d’intesa fra le presidenze dei due rami del Parlamento, si è limitata a confermare la presidente del Senato, Elisabetta Casellati: senza dare dettagli. Che tuttavia sono filtrati dalla cronaca parlamentare, alimentando nuove polemiche sull’uso di uno strumento delicato della democrazia istituzionale e in particolare sulle priorità politiche via via assegnate agli organismi parlamentari speciali.
Nel caso della commissione-bis sulle banche è emerso che i gruppi parlamentari di M5S – principale sostenitore dell’iniziativa – avevano raggiunto un accordo sull’indicazione per la presidenza: non più il senatore ed ex giornalista Gianluigi Paragone (che aveva polemicamente ritirato la sua disponibilità dopo il “ribaltone” di governo e il ritorno del Pd-Iv-Leu in maggioranza), ma Elio Lannutti. Quest’ultimo – tornato a Palazzo Madama con M5S dopo esservi stato eletto in precedenza nelle liste di Antonio Di Pietro – è stato fondatore dell’Adusbef, una delle prime associazioni di tutela dei risparmiatori. Sul suo nome che si è peraltro registrata una levata di scudi legata a un controverso tweet di tenore antisemita, postato da Lannutti alcuni mesi fa (e già pubblicamente ritirato come “errore” dall’interessato).
Sul fenomeno dell’antisemitismo il Senato ha appena votato l’istituzione di una commissione straordinaria “di indirizzo e controllo” – su proposta della senatrice a vita Liliana Segre dopo un precedente tentativo da parte dell’allora presidente della Camera Laura Boldrini (Si, poi Leu, oggi Pd) – di cui non sono ancora stati decisi composizione e calendario. Lo stop alla “commissione Lannutti” sembra ora configurare, per alcuni versi, un potenziale test dei nuovi parametri che la futura “commissione Segre” dovrebbe fissare per ri-regolare linguaggi e altre modalità della vita pubblica nazionale.
La mancata partenza della commissione sui quarantennali fatti riguardanti la cooperativa toscana “Il Forteto” è stata invece duramente commentata dal commissario Giovanni Donzelli (deputato fiorentino di Fdi, la forza politica che più ha sostenuto la necessità della commissione). Secondo Donzelli, il mancato accordo sulla presidenza da parte dei partner della maggioranza giallo-rossa è l’ultimo episodio di un lungo tentativo di boicottaggio della commissione da parte della sinistra. Il caso concerne una cooperativa-comunità sotto i riflettori di cronaca, politica e magistratura fin dagli anni ‘70. Nel 2017 uno dei fondatori è stato definitivamente condannato a una pesante pena detentiva per abusi su minori e maltrattamenti. Nel frattempo il Forteto è già stato oggetto di due commissioni regionali d’inchiesta su lunghi e complessi intrecci fra la cooperativa (ora commissariata) e la politica in Toscana.
Lo scorso marzo, d’altronde, la legge istitutiva della commissione Forteto era stata approvata dalla Camera con larga maggioranza (448 sì e nessun contrario), anche se con quattro astensioni. Fra di esse quella di Roberto Speranza (Leu, poi divenuto ministro della Salute nel governo Conte-2) e del collega di partito Erasmo Palazzotto. Proprio quest’ultimo, nei giorni scorsi, è stato eletto presidente di una commissione monocamerale d’inchiesta fortemente sponsorizzata da Leu: quella sulla morte di Giulio Regeni. Partita regolarmente a Montecitorio, pur essendo stata decisa solo a fine aprile.