L’economia si dice sia lo studio del modo in cui i soggetti decisori gestiscono le proprie risorse scarse. Dunque, se nelle case si mostra la necessità di dover gestire le scarse risorse della famiglia, l’economia nasce femmina. Non gestore, gestrice: mamma, in casa mia, chi altri sennò? Papà usciva presto, tornava tardi, guadagnava poco; io e mia sorella, ancor piccini picciò, giocavamo nella piazzetta.



Risorse si diceva, “fare economia”, nel ben gestire quel-che-serve-per-vivere e la dignità. Bene, io crescevo nei pantaloni, opportunamente comprati grandi; mia sorella nella gonna. A tavola frugali, meno la domenica con il pollo arrosto. Tutto era scarso da dover far prezzo; la penuria invece tanta, tanto da non farlo.



Poi i pollivendoli, sviluppate le competenze, migliorati i processi, aumentato il prodotto, dovettero  vendere la mercanzia pure gli altri giorni; chi abbigliava non ci stette più a veder rivoltarsi i cappotti. Accadde, insomma, che la scarsità riuscì, dopo tempo immemore, a fare quel prezzo. Et voilà! Papà portò più soldi a casa, mamma aggiornò il modo di fare economia, io e mia sorella incontrammo la moda; nel frigorifero, nuovo di zecca, trovò posto il di più acquistato.

La penuria cominciò a sbiadire; mamma ci  prese gusto, allentò la morsa, accettò la “cambiale”. Si volle tutto e subito! Sarà un caso, ma… fu lo stesso slogan del ’68, dei miei diciassette anni;  tutti, dovettero  pensare a esser prodighi.



Sia come sia, le imprese, per non perdere l’abbrivio, dettero al marketing l’incarico di prendere in carico la domanda, affinché a noi restasse solo il dover spendere. Dopo il prodigo toccava d’esser mai satolli, facendo gridare “al vizio al vizio” i sociologi.

Con il “mai satolli” si raggiunse il top generando con la spesa i due terzi della ricchezza nazionale, affrancandoci pure dal bisogno. Gli impresari incassarono, le cambiali scaddero; in aggiunta agli spicci rimasti in tasca, ci venne dato credito a volontà. Poi venne la crisi del 2007, quest’anno la pandemia e quel credito divenne ancor più debito; ci ritirammo in casa a rimirar il già fatto e quel che si dovrà fare.

Beh, per rimirar, proprio alle imprese toccherà ricapitalizzare quelli della spesa organizzando business che consentono di far utili se e quando, acquistando le loro merci, rifocillano il potere d’acquisto. Intanto che gli economisti aggiornano i loro paradigmi al nuovo che hanno davanti e la politica pensa al dopo, dopo le pezze che fin qui ha dovuto mettere, le economiste fanno. Fanno, quel ch’è possibile fare in quest’oggi del barcameno, del paradosso virtù: una a caso, donna, quasi sempre Maria, di media statura, non bellissima; casalinga. Ha in carico redditi familiari insufficienti, risparmi allo stremo, debito e un compito di ruolo: avere cura. Cura della casa, della famiglia, di sé. Per far questo, la vita spesa a fare la spesa, fa.

Da un’indagine Adoc sui consumi alimentari, risulta che le famiglie italiane buttano nella pattumiera ogni anno 561 euro di alimenti non utilizzati, il 20% della spesa effettuata. Maria al mercato trova tanto, troppo; tutto. L’eccesso di offerta la circuisce e la sovrasta: silente e oberata, obbedisce. Acquista ciò che trova, non domanda ciò che vuole.

Proprio in quell’agire sembra trovare significato il suo fare. Il totem del Pil dà supporto all’obbligo di quell’acquisto smisurato che genera ricchezza. Ricchezza che, condita con debito, sprechi, rifiuti, deserti di solitudine, manifesta gigantesche diseconomie. Provata da cotanto fervore, che pur inebria, si indigna e si ingegna: ne deve uscire. Ne esce.

Per farlo si informa, pondera, medita, comprende, valuta. Scopre che sono soprattutto donne, deluse da Babbo Natale, le più propense al riciclo dei regali su eBay. Ben 3.700.000 i regali riciclati, oltre 4.000 i regali rimessi in vendita da coloro che li hanno ricevuti e non apprezzati. Questo il fatto, e che fatto: si è rotto l’incantesimo. Certo è appena una traccia, ancora labile. Merita attenzione però, può portare lontano.

Maria se ne avvede, cambia marcia: visti cotanti doni, perché non trasformarli in merce e venderli a chi ne apprezzi il valore? Queste azioni lasciano intravvedere i prodromi di un ruolo tutt’affatto diverso.

Impara a frequentare, in forma tattica, la “privazione” pure la “rinuncia”; già avvezza al “sacrificio”, spariglierà le carte dei produttori che avranno da meditare; potrà far loro concorrenza. Dalla sua ha quell’affrancamento dal bisogno che darà sostegno a queste azioni. C’è un valore, c’è un prezzo: 1.000 euro. Bruno li spende per regalare a Maria. Maria riceve il dono, compiaciuta ringrazia. Ha già una pelliccia, decide di rivenderla: lo stesso valore fa due volte prezzo, si genera più ricchezza. Un trionfo: guadagna denaro, utilizzando lo stesso bene; non impiega risorse, non smaltisce, non inquina.

Anzi, ridispone per intero il fare, il dire, il pensare; un progetto di “benessere” che fornisce nuovo senso all’azione, calibra i gesti, istituisce misura. Sceglie, propone attese, infine dispone. Sì, dispone quantità e qualità; obbliga l’offerta, ripristina equilibri e compatibilità, scrolla inerzie. Costringe risposte, indica vie, confeziona strategie di responsabilità.

Alè Maria, ben più che casalinga! Sì, un altro modo di prendersi cura forgiando un parad’osso; stavolta con tanta ciccia intorno!