Nell’Italia dei mille omissis di Stato  – però flessibili e raramente eterni – non è poi così clamoroso che il Consiglio di Stato abbia posto il segreto militare sui documenti riguardanti il dispiegamento fantasma di 400 soldati in val Seriana fra il 5 e l’8 marzo del 2020. Non è un mistero che il governo Conte 2 avesse quasi deciso di mettere rapidamente in “zona rossa” anche la Valseriana, dopo aver recintato Codogno e il paziente zero ufficiale del Covid in Italia.



Ma la decisione rimase “quasi” e non è un mistero nemmeno che quei giorni di esitazione abbiano avuto il loro peso nel fare della Lombardia uno dei “ground zero” della pandemia in Europa. Ci ha indagato la Procura di Bergamo, mentre quella di Milano si concentrava sulla Regione Lombardia, con molto più risalto mediatico. Ma l’uno e l’altro fronte hanno registrato successi scarsi. Almeno finora.



A un anno dal voto – sia politico che amministrativo in Lombardia – il silenzio di Stato sulla “guerra del Covid” appare in ogni caso più imbarazzante per l’ex bi-premier pentastellato che per il governatore leghista Attilio Fontana. Anzi, il “segreto militare” appare per alcuni versi un ironico contrappasso per Giuseppe Conte: investito nelle ultime settimane da rivelazioni giornalistiche sempre più inquietanti, evidentemente incuranti delle scelte dei magistrati amministrativi nazionali.

È stata infatti una “operazione militare speciale” – quella lanciata dalla Russia in Ucraina – a riaccendere i fari su un’altra anomala “invasione” realizzata dell’Armata Rossa: in Italia, nel marzo 2020, avendo come target – anche – la Valseriana. Il grande aero-convoglio volato da Mosca a Pratica di Mare – a quanto riferiscono ricostruzioni finora non recisamente mentite – non sarebbe tuttavia sbarcato per difendere alcun presunto conato separatista delle valli bergamasche, quanto principalmente per andare a prelevare campioni di virus utili alla produzione di un vaccino russo (“italo-russo”?). La mancata “zona rossa” si sarebbe quindi ritrovata una sorta di “zona russa”.



Non è ancora chiaro in che misura ciò sia avvenuto, laddove sembra però poco dubitabile che un corpo di spedizione guidato da un generale russo abbia potuto entrare e operare in Italia (paese Nato) solo in virtù di un contatto di vertice fra i due governi: par di capire fra lo stesso Conte e il leader del Cremlino, Vladimir Putin. I rumor mediatici citano anche la resistenza del ministro della Difesa – il “dem” lombardo Lorenzo Guerini – e degli apparati militari italiani. Vedremo se e quanto sarà fatto valere su questo terreno il “segreto militare”.

Nel frattempo, giusto ieri, Repubblica ha fatto detonare una vera e propria “bomba e grappolo” contro Conte, aggiungendo dettagli rilevanti al più recente fra i “misteri italiani”: la discussa visita a Roma del segretario alla Giustizia Usa, William Barr, nel Ferragosto 2019. Il Covid e la Terza guerra mondiale erano ancora in un futuro imperscrutabile, ma era egualmente un periodo torrido. In Italia era in corso la crisi di governo che avrebbe espulso la Lega dalla maggioranza gialloverde e rifatto spazio al Pd, nel ribaltone trasformista di “Giuseppi” Conte, benedetto dall’allora presidente americano Donald Trump. Che tuttavia aveva interessi urgenti alla permanenza collaborativa del premier italiano: informazioni utili per controbattere il “Russiagate” esploso a Washington; pezzi preziosi per affermare che nel 2016 non era stato Putin a giocare pesante per aiutare Trump a conquistare la Casa Bianca, ma i “dem” di Barack Obama (e del suo vice Joe Biden) a tentare di orchestrare di sponda con il Cremlino una partita pesante contro lo sfidante repubblicano di Hillary Clinton.

Lo scoop di Repubblica – secondo cui Conte avrebbe presenziato a un incontro fra Barr e il capo del Dis, generale Gennaro Vecchione – è parso togliere ulteriori veli a un passaggio che resta fra i più opachi di trenta mesi di premierato. A fare da sfondo sempre l’America “dem” di Obama-Biden e la Russia “trumpiana” di Putin. Con l’Italia nel mezzo: alleata fedele dell’America (qualunque America), ma mai chiusa alla Russia (sempre quella di Putin). Con il “premier per caso” sempre più in difficoltà fra “zone rosse” e “zone russe”. E la magistratura italiana – almeno quella amministrativa – che non sembra avere alcuna intenzione di farsi coinvolgere in uno degli infiniti scampoli di un gioco di pesantezza estrema: la guerra in Ucraina fra Ue e Russia. Per procura, fra Usa e Cina.

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