Meglio raccontare le cose come stanno con Bettino Craxi e la sua epopea, piuttosto che inventare un contorno di realtà da fiction. Romanzare la vita di Craxi potrebbe non essere stata una scelta intelligente, dato che la realtà è molto più interessante e in parte largamente da scrivere e quindi da filmare; anche la sua imponente figura, che è quella che dovrebbe emergere dal fondo del quadro, ne avrebbe trovato giovamento. Ma Gianni Amelio nei film che scrive e gira non rinuncia ad essere se stesso, inserendo ambiguità e crepuscolarismo. E alla fine di Hammamet quel che vale la pena di ricordare è la oggettiva recitazione da Oscar di Pierfrancesco Favino. Che comunque non scopriamo oggi. Poi resta una “tutto sommato buona idea!” realizzata in maniera inutilmente onirica. Con invenzioni narrative assolutamente inutili.



Tipo tutta la storia inventata di sana pianta del figlio dell’ex tesoriere Balzamo che si reca a Tunisi per incontrare Bettino onde capire chi fosse stato veramente il padre.

Padre che si fa morire suicida invece che di cancro. Che bisogno c’era di mettere queste trovate da fiction televisiva? Che poi almeno, se vogliamo fare questo esempio, nelle serie di Accorsi da 1992 in poi, vengono inserite in un contesto storico quasi esatto filologicamente.



C’è però un lato A nel film di Amelio: ha rotto la damnatio memoriae e il tabù su Craxi che invece la mentalità di chi scrive in quotidiani come Il Fatto Quotidiano vorrebbe mantenere tali. Favino Craxi convince e commuove, il resto del film ovviamente no. La stessa famiglia di Bettino, interpellata per la location, cioè la villa di Hammamet, è ben conscia di ciò e si guarda bene dall’intervenire nelle polemiche contrapposte. La logica è quella del “meglio che niente”. Amelio quanto meno ha rotto il muro di silenzio sul caso “C”. Altri, dopo, verranno per raccontare, molto meglio di lui, cosa furono quegli anni, quell’uomo e quel partito. Anni, uomo e partito che garantirono all’Italia l’ultimo lungo periodo di benessere prima di questi trent’anni di crisi da “Mani pulite” in poi.