Sul sito della Camera il primo e ultimo post è datato 4 settembre. “La seduta della commissione, già convocata per la giornata odierna alle 15, non avrà luogo”.  La commissione in questione è la bicamerale che dovrebbe riprendere e approfondire l’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, già oggetto della commissione Casini. La seduta sarebbe stata quella di insediamento ma è stata cancellata perché proprio quel giorno Giuseppe Conte ha presentato la lista dei ministri del suo Governo-bis, che ha poi impegnato il Parlamento per la fiducia fino al 10 settembre. Tre settimane dopo, in ogni caso, non c’è il minimo segnale che la commissione possa aprire i battenti.



Il quadro politico – virato dal “gialloverde” al “giallorosso-con-scissione-di-Renzi” – è in effetti totalmente cambiato rispetto a quando Camera e Senato hanno votato i 40 commissari, appena prima della pausa estiva. L’iniziativa-bis è stata dei due partner del Conte-1: M5s e Lega. Ha risentito certamente della radice anti-bancaria di fondo del grillismo: che aveva sostenuto anche la prima commissione. Nel 2017, tuttavia, il vero promotore era stato il Pd renziano: che a fine legislatura puntava a gestire in modo proattivo le polemiche elettorali sulle crisi bancarie recenti (soprattutto Mps e Banca Etruria). Ma non mancava un obiettivo più concreto: rimuovere dalla Banca d’Italia il governatore Ignazio Visco, ritenuto dal leader Pd responsabile della cattiva gestione della vigilanza prima e durante gli ultimi dissesti.



Il mandato di Visco si concluse effettivamente durante a commissione aperta, ma il Quirinale impose al premier Paolo Gentiloni la conferma, tacitamente sostenuta da Mario Draghi in Bce. La commissione Casini si chiuse quindi in tempi stretti per lo scioglimento delle Camere e si rivelò un boomerang per Renzi: agli annali restò infatti essenzialmente l’emergere controverso di presunte pressioni dell’allora ministro Maria Elena Boschi presso UniCredit per il salvataggio di Etruria.

È da qui che M5s – divenuto prima forza di maggioranza – voleva ripartire. L’appoggio della Lega risiedeva in motivazioni di partnership di governo e di pressing sul Pd, anche se non mancava qualche cautela. Da un lato i crac di Popolare di Vicenza e Veneto Banca erano deflagrati nel cuore del Nordest a trazione leghista. Per di più l’ala meno populista/antagonista del Carroccio (impersonata dall’allora sottosegretario Giancarlo Giorgetti) contava – e conta tuttora – su relazioni consolidate con l’establishment bancario del Nord: dalle grandi Fondazioni, alle Popolari alle Bcc.



Ora la commissione-bis è finita nel tritacarne del ribaltone. M5s è rimasto elemento di continuità originaria nella pretesa di un “tribunale parlamentare” per i crac bancari, ma appare oggi una forza politica sfrangiata, molto meno determinata che in passato a battaglie antagoniste. La Lega è tornata sulla riva del fiume all’opposizione e il fronte bancario non sembra quello di elezione per le controffensive in preparazione. Meno che mai il Pd – diviso fra Renzi-Boschi e centro-sinistra governativo di ascendenza prodiana – sembra ansioso di riprendere le operazioni della commissione Casini. Anzi: l’esordio del Conte-2 e il prevedibile confronto sulla Legge di stabilità 2020 sembrano suggerire di non disturbare i manovratori bancari, alla vigilanza e presso i grandi gruppi chiamati fra l’altro in prima linea dalla strategia “anti-contante”.

Fra pochi giorni dovrà essere in ogni caso formalizzata la nomina di Fabio Panetta a nuovo membro dell’esecutivo Bce, da cui è in uscita il presidente Mario Draghi. A sei mesi dal laborioso assestamento del direttorio Bankitalia con la promozione dello stesso Panetta a direttore generale, si riapriranno i giochi su via Nazionale: dove peraltro sembra scritta la successione a favore di Daniele Franco, appena rientrato come vicedirettore generale dalla Ragioneria generale del Mef. Ma non è detto che qualche scaramuccia possa ancora aver luogo: come quella che in primavera bloccò per mesi la conferma alla vicedirezione generale di Luigi Federico Signorini. In attesa che gli eventi maturino, la cancellazione definitiva della commissione diventa ogni giorno di più un’ipotesi meno teorica. Ed è stato d’altronde indicativo che il presidente preconizzato – l’ex giornalista leghista Gianluigi Paragone, trasmigrato a M5s – sia stato far i più critici del ribaltone: mettendo chiaramente in conto quanto meno la designazione di un altro Presidente.