Un premier non eletto, mai da nessuno in Italia, prediletto semmai di un presidente americano. Un comico ineleggibile e il figlio-erede di un guru della politica digitale come palesi proprietari privati della forza di maggioranza parlamentare. Un ministro dell’Economia eletto, ma solo all’europarlamento. Un ex tecnocrate, ex banchiere della City, ex presidente della Bce come “riserva della Repubblica”, continuamente evocata e invocata. Un presidente della Corte Costituzionale che – per intervista personale, non per sentenza istituzionale – accusa di scarsa costituzionalità le posizioni politiche della forza uscita maggioritaria nel Paese all’ultimo voto europeo. L’affannata ricerca-rivendicazione della “benedizione politica” di un Papa non italiano, come se il Dio della Chiesa potesse schierarsi e dividere un singolo elettorato nazionale. Un ex premier ed ex presidente della Commissione Ue che addita nell’eurocrazia di Bruxelles il modello di governance da imporre a Roma. Una senatrice a vita israelita. Non da ultimo: una magistratura, dove poche migliaia di elettori ed eletti appartengono a una casta chiusa e corporativa (ma efficientissima a senso unico: a Taranto come a Lampedusa).
Perfino Nicola Zingaretti, leader del Pd, non è mai stato parlamentare nazionale. Non lo era neppure Matteo Renzi durante i suoi mille giorni di “pieni poteri” fra Palazzo Chigi e il Nazareno. I litigiosi governanti dell’Italia “giallorossa” sembrano alla fine condividere l’allergia ai meccanismi costituzionali della sovranità democratica degli italiani; e l’impegno sempre più aperto a contrastare e se possibile neutralizzare la democrazia rappresentativa (piena di “disfunzioni”, ha scoperto giusto in questi giorni un giurista come Pietro Ichino, ex parlamentare Pci e Pd).
L’unico presidio di accountability democratica nell’Italia “giallorossa” sembra restare l’ultimo previsto dalla Carta: il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Che continua a vigilare dal Quirinale in virtù di una doppia legittimazione: il voto a Camere unite di un migliaio di deputati, senatori e rappresentanti regionali, a loro volta eletti da quasi 50 milioni di italiani . Non sembra rimasto nessun altro a difendere la Repubblica democratica da chi – sempre più palesemente – vuole cancellare dall’Italia un democrazia divenuta odiosa solo perché mostra di funzionare.