Ieri contro il vicepremier italiano Matteo Salvini – presunto liberticida di stampa “à la maniere de Trump” – ha tuonato la presidentessa della Stampa estera in Italia, Trisha Thomas, corrispondente da Roma dell’Associated Press. “Siete sulla cattiva strada”, ha ammonito Thomas, commentando lo scontro in conferenza stampa fra Salvini e i giornalisti di Repubblica Valerio Lo Muzio e Carmelo Lopapa.
Per la cronaca, a Milano Marittima, il vicepremier ha polemizzato con il videomaker Lo Muzio sulle immagini del figlio di Salvini su un veicolo nautico della Polizia; e non ha poi risposto alla domanda di Lopapa sulla missione in Marocco con Gianluca Savoini: “Non ho ancora finito di nascondere i rubli della Russia, una cosa alla volta poi pensiamo al Marocco”. Incalzato, il ministro dell’Interno replica: “Vi auguro una buona caccia: cercate in Polonia, Tunisia, Stati Uniti, cercate dove volete, Repubblica è un giornale che mi piace un sacco, quando voglio ridere leggo La Repubblica”.
Per la cronaca, ieri mattina il direttore di Repubblica, Carlo Verdelli, ha personalmente difeso in un editoriale la libertà del suo quotidiano di incalzare Salvini. Ma nell’ennesima tenzone “democratica” con il leader leghista si è ritrovato un po’ solo: tanto che la stessa presidente americana dei giornalisti esteri in Italia ha lamentato anche la non compatta solidarietà dei colleghi italiani.
Sempre per la cronaca non si rammentano prese di posizione della stampa estera quando Ferruccio de Bortoli, soltanto due anni fa, raccontò in un libro il seguente episodio, riferito all’allora premier Matteo Renzi, allorché de Bortoli era direttore del Corriere della Sera. “Ciò che mi lasciò di stucco accadde in occasione delle sue brevi vacanze, siamo nell’agosto del 2014 in un albergo di Forte dei Marmi di proprietà di un suo amico. Il collega Marco Galluzzo, che lo seguiva con professionalità e rispetto, prese una stanza nello stesso albergo. Niente di male. L’albergo era aperto a tutti. Non riservato solo a lui. Il messaggio del presidente, particolarmente piccato, lamentava una violazione inaccettabile della sua privacy. Aveva incontrato Galluzzo nella hall e il collega lo aveva salutato. Tutto qui. Io stavo al mare, in Liguria, non sapevo assolutamente nulla. Al telefono, Galluzzo mi spiegò di essere stato avvicinato dalla scorta del premier che gli aveva intimato di lasciare subito l’albergo. Questo il suo racconto: ‘Mi avvicinai al tavolo del ristorante dove cenava, nella terrazza dell’albergo, con la moglie e i figli. Mi fu possibile solo salutarlo e per un attimo stringergli la mano, poi cominciò a gridare, lasciando di stucco i tavoli degli altri ospiti, gruppi francesi, tedeschi e russi. E anche Agnese, che mi rivolse uno sguardo di comprensione, quasi di vergogna. Gridava talmente forte, inveendo contro il Corriere che invadeva la sua privacy, che la scorta accorse come se lui fosse in pericolo. Venni anche strattonato. Dovetti alzare la voce per dire al caposcorta di non permettersi. Lui reagì minacciandomi. Mi disse che tutta la mia giornata era stata monitorata, dal momento in cui avevo prenotato una camera nello stesso albergo, e che di me sapevano tutto, anche con sgradevoli riferimenti, millantati o meno conta poco, alla mia vita privata’. Insomma, intollerabile. Se Berlusconi avesse fatto una cosa simile saremmo tutti insorti. Quella fu l’unica volta nella quale risposi a un sms di Renzi, dicendogli in sostanza che non volevamo assolutamente attentare alla privacy della sua famiglia, era sempre in un luogo aperto al pubblico e non era accettabile che il collega venisse minacciato dalla sua scorta. E con quella frase sibillina sul giornalista spiato, poi. Seguì sms di risposta. Più morbido. Per tagliar corto. Il 24 settembre 2014 uscì sul Corriere il mio editoriale dal titolo ‘Un nemico allo specchio’ nel quale criticavo la gestione del potere renziano”.