Secondo una celebre battuta di Winston Churchill, “solo gli imbecilli non cambiano mai idea”. Dopo il premier Giuseppe Conte, anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sembra esserne stato folgorato. Ieri, sulla Stampa, il leader di M5s trionfatore al voto di due anni fa ha confessato che “sul Mes dobbiamo essere pragmatici”. La “linea rossa” posta in termini apparentemente invalicabili da M5s sul possibile ricorso italiano al credito d’emergenza Ue, sembra dunque cancellata con un’alzata di spalle: con una “pragmatica” presa d’atto che l’Europa ha sostanzialmente respinto al mittente le pretese del Conte 2 non diversamente da come aveva disinnescato quelle del Conte 1, di cui Di Maio era vicepremier. 



Sul piano tecnico le idee appaiono ancora confuse: ad esempio quando il capo della diplomazia italiana nega che i “finanziamenti a fondo perduto” richiesti a gran voce all’ultimo Consiglio Ue equivalgano a “soldi regalati”. Attiverebbero invece “un circuito in cui i fondi andrebbero comunque restituiti” (sic).  



Quella che conta è invece – indubitabilmente – la svolta politica: l’abiura totale dell’anti-europeismo originario del movimento grillino, il cui populismo antagonista matura e si afferma anzitutto in odio alla tecnocrazia finanziaria e a ogni rischio di “commissariamento” del Paese. È su questa onda lunga che M5s arriva a raccogliere il voto di un italiano su tre: con atteggiamenti anti-Ue in fondo più radicali del sovranismo di matrice leghista. 

La Lega di governo – diversamente dal corrente salvinismo d’opposizione – ha combattuto in modo “pragmatico” l’eurocrazia franco-tedesca (appoggiata sul duopolio politico Ppe-Pse) assai più che le istituzioni europee in quanto tali. Ha avuto come obiettivo quello di far pesare di più a Bruxelles l’Italia e le forze politiche “non legittimiste”: non quello di aprire l’Europa “con un apriscatole” come Beppe Grillo ha promesso da sempre a qualsiasi “Palazzo di Governo”. Ed è per questo che – dopo l’avanzata della Lega all’ultimo voto europeo – i grandi Paesi Ue, le forze politiche tradizionali e la tecnostruttura di Bruxelles si sono mobilitati per abbattere al più presto e con ogni mezzo Matteo Salvini: riuscendoci.  



M5s, viceversa, non ha mai rappresentato una minaccia reale per l’Europa. La “bolla” elettorale era già scoppiata al voto europeo e la disponibilità trasformistica di Conte (premier privo di legittimazione perfino da M5s) era divenuta palese già in occasione delle nomine europee dello scorso luglio. La nascita del governo “Orsola” aveva già certificato l’accettazione della subalternità al Pd (europeista) in funzione di pura sopravvivenza nelle stanze del potere. La doppia retrocessione di Di Maio – da vicepremier e da leader di M5s – è già avvenuta da tempo, quando lo stesso oggi smobilita da ogni residua pretesa di credibilità ideale e politica.  

Per il ministro degli Esteri, ma anche per il premier, è evidentemente sufficiente questo per poter continuare governare il Paese come se nulla mai fosse. Come se potesse durare per altri tre anni una legislatura nata sul fatto che un italiano su tre ha dato il voto a M5s di Di Maio sulla base di alcuni impegni: e l’atteggiamento critico verso l’Europa era parte integrante di un programma assistenzialista imperniato sul reddito di cittadinanza. Ora invece il governo a base M5s scende nuovamente a patti con le regole di un’Europa ancora essenzialmente rigorista per ottenere un po’ di assistenza: il reddito di cittadinanza rimane intoccabile? Perfino quando nei distretti agricoli del Sud principali percettori del “reddito” mancano i lavoranti nella stagione del raccolto?

Un partito che ha cambiato idea sul Mes perché non è “imbecille” (cioè perché non vuol perdere le poltrone) cercherà tuttavia di non cambiare idea sul reddito di cittadinanza per non perdere voti clientelari. Contando anche sul fatto che gli italiani – che non sono imbecilli – non potranno votare e quindi cambiare idea su M5s. 

PS: molte ore dopo la pubblicazione dell’intervista, quando essa era già stata ampiamente commentata, il portavoce di Di Maio ha lamentato in un post su Facebook come il titolo della Stampa abbia “travisato” le posizioni espresse. Lo riportiamo per la cronaca, non perché sia in alcun modo rilevante ai fini di queste brevi riflessioni.

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