Da dove arriva tutta l’energia elettrica che si consuma in Italia? Da quali fonti? Paghiamo un’eccessiva dipendenza dal gas o forse dalle rinnovabili? Il percorso verso la transizione energetica è troppo veloce e sta generando turbolenze nel mercato elettrico? Oppure è troppo lento e ci lascia in ritardo sul resto dei Paesi europei?



A un anno e mezzo dall’inizio dell’emergenza energetica, su questi temi possiamo dire di aver sentito tutto e il suo contrario. I dibattiti nei talk show televisivi hanno raggiunto spesso il calor bianco, ma con un frequente difetto di credibilità, normalmente a motivo di un fattore: l’ignoranza dell’elemento principale su cui misurare questi cambiamenti, ovvero il cosiddetto mix energetico. Qui ci riferiamo in particolare al mix elettrico, termine con cui ci si riferisce all’insieme di fonti primarie utilizzate per la produzione di energia elettrica. L’assenza di riferimenti fattuali a questi dati ha infatti lasciato prevalere le diverse impostazioni ideologiche, normalmente utilizzate per piegare la realtà a un’opinione preconcetta.



Proviamo allora ad analizzare com’è composto e come sta cambiando questo “mix” in Italia anche per cercare di leggere in filigrana quali siano state le politiche energetiche italiane nell’ultimo decennio, quale la fotografia dell’attuale, e indicativamente quali i punti di forza e di debolezza in chiave prospettica.

Se retrocediamo a inizio secolo, nell’anno 2000 la produzione di energia elettrica in Italia era fortemente dipendente dalle fonti fossili (soprattutto gas e carbone) che arrivavano a coprire il 77% del mix. Un’enormità. Questa quota è progressivamente scesa fino al 56% nel 2014. Da lì improvvisamente è tornata a salire trascinata soprattutto dal gas che ha registrato un autentico exploit con un’ininterrotta crescita dal 33% del 2014, al 50,3% del 2021 e al 50,7% del 2022. Un vero boom, che paradossalmente nemmeno l’emergenza gas è riuscita a fermare. Ma proprio questa crescita (e la rovinosa strategia energetica che l’ha pianificata) ci ha esposti fatalmente alle conseguenze di un’eccessiva dipendenza da una sola fonte nel momento in cui esplodeva la guerra in Ucraina e (soprattutto) nel momento in cui montava la gigantesca speculazione sul gas: un combinato disposto che si è abbattuto come un maglio sulle bollette di cittadini e imprese con le conseguenze che conosciamo.



Va detto che guerra in Ucraina e speculazioni non sono state le sole emergenze con cui il sistema energetico italiano ha dovuto fare i conti nell’ultimo anno: la siccità e lo svuotamento dei bacini hanno ridotto drasticamente la produzione da fonte idrica, crollata dai 45mila GWh del 2021 ai 28mila dello scorso anno. E nei primi due mesi di quest’anno, la contrazione è proseguita ancora.

E le altre rinnovabili? La transizione energetica avanza, trainata da fotovoltaico ed eolico, ma senza strappi. Chi un anno fa aveva cercato di attribuire alla crescita delle rinnovabili la causa dell’emergenza bollette avrebbe potuto rendersi conto facilmente dell’inconsistenza delle proprie argomentazioni osservando proprio il mix energetico e scoprendo che in Italia le fonti rinnovabili crescono sì, ma a un tasso decisamente inferiore di quello di altri Paesi europei.

 

Tra 2021 e 2022 il fotovoltaico, cioè la fonte rinnovabile più dinamica, ha guadagnato 1,2 punti percentuali nel mix, arrivando lo scorso anno a una quota del 10% sul totale. Eppure, in Italia ci sarebbe la possibilità di raddoppiare e triplicare in tempi rapidi la produzione di energia elettrica da fonte solare, ma al momento oltre 120 GW di nuovi impianti sono bloccati da complessi e scoordinati iter autorizzativi mortificando le potenzialità di questa fonte che potrebbe più che compensare la riduzione dell’idroelettrico e portare il nostro mix a una maggiore diversificazione (a tutto vantaggio di una riduzione del costo medio del kWh e dell’indipendenza energetica del Paese).

Questo per quanto riguarda il mix energetico legato alla produzione di energia elettrica. Ma la domanda italiana non è soddisfatta solo con la produzione interna, che nel 2022 ha totalizzato 280mila GWh. A questa si aggiunge la parte scambiata con l’estero, che lo scorso anno si è chiusa con un saldo di 43mila GWh importati, praticamente identico a quello dell’anno precedente.

Come cambierà il mix nei prossimi anni? In molti Paesi europei la transizione energetica ha aumentato la sua velocità: è una direzione ormai irreversibile, ma che va accompagnata con il cambiamento della rete e dei modelli di produzione/consumo di energia elettrica. Un mix dove prevalgono le fonti non programmabili come solare ed eolico richiede, infatti, un sistema energetico più flessibile e intelligente. Ma lo stiamo già costruendo.

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